Nella fantascienza raccoglievo tutte le alternative plausibili di quella che sarebbe potuta essere una realtà immensa. Come oggi alcune teorie di astrofisica confermano.
E per me fantascienza e astrofisica erano due facce della stessa medaglia, amavo con lo stesso trasporto l'una e l'altra.
La mia attività di scrittore incominciò con il racconto Settore Nove. Vi narravo un episodio di guerra nello spazio contro un nemico non definito, nei pressi della stella Altair; una storia alla quale diedi una conclusione amara, e fu come se qualcosa dentro di me l'avesse dettata. Fu pubblicato su Oltre il Cielo nel 1963, come pure alcuni altre storie, via via fino a Scienze Esatte (1967), che segnò per me il contatto tra l'umano e un superumano dai poteri immensi, capace forse di tutto; ma era un superumano che voleva comprendere l'umano: e qui lasciai che per un momento l'astrofisica (la scienza dell'uomo) cedesse a una conoscenza molto più ampia, che la sorpassava di milioni di anni.
A quei tempi su Oltre il Cielo usavo uno pseudonimo anglosassone, "Anthony MacBirthay", un po' perché mi liberava da un nome che altrimenti mi avrebbe in certo modo costretto, un po' perché sulla stessa rivista firmavo pure articoli di divulgazione, e volevo mantenere separate le due realtà.
Poi, purtroppo, Oltre il Cielo concluse la sua parabola e non vi fu altra pubblicazione che accettasse autori italiani. Nel frattempo avevo scritto un altro racconto, Una macchina o che cosa?, che fu accettato da Galassia (ora è stato scelto per Delos da Vittorio Catani). Racconto che però fu un'eccezione, e nel quale io stesso non credevo. Non l'ho più riletto da oltre trent'anni, non so se lo rileggerò ora. Infatti quel racconto fu il richiudersi delle stelle, e l'indagine di una situazione infelice e oscura.
I due romanzi che più ho amato, e che rappresentano tuttora per me il meglio di quanto la fantascienza abbia dato sono Crociera nell'infinito (The Voyage of the Space Beagle) di Alfred E. van Vogt, e Anni senza fine (City) di Clifford D. Simak, pubblicati per la prima volta da Urania in tempi lontanissimi. Li ritengo due classici che, per l'afflato da cui sono permeati, si collocano a un livello a sé stante.
L'afflato cosmico era in Crociera dell'infinito, che narrava di una grande nave in esplorazione nella Galassia e verso Andromeda, con l'incontro di creature terribili... E il prevalere su di esse dell'intelligenza umana, pur tra invidie e lotte intestine a bordo.
A confronto, era malinconico e denso di emozioni Anni senza fine, dove solo i cani ereditavano la Terra; e nelle notti, attorno ai fuochi di bivacco, essi si raccontavano storie riguardanti l'Uomo, creatura alla quale in realtà non credevano, ritenendo che fosse solo un'antica leggenda. In realtà l'uomo era fuggito su Giove trovandovi, attraverso una mutazione, una vita ricca di bellezza e di energie. I pochi esseri umani rimasti sulla Terra rimanevano nascosti, addormentati in un sonno tecnologico forse senza fine, in una dimensione chiusa, impenetrabile.
Gli anni '60 passarono e il dopo divenne più triste. La spinta verso le stelle si smorzò. Continuai a seguire l'astrofisica e i progressi dell'astronomia, che restano tuttora l'interesse maggiore della mia vita; queste scienze per me sono ancora esaltanti, come un giorno è stata la fantascienza. La mia attività oggi è professionale e giornalistica, con interessi prevalenti nel settore dell'ambiente, dell'energia, del benessere - inteso come controllo del microclima - e delle relative tecnologie.
Sono autore di diversi libri e di molti articoli di carattere professionale.
In una nicchia ho continuato comunque a scrivere, anche se non più fantascienza, su argomenti di carattere non facile da definire, che pubblico direttamente per far girare tra una piccola cerchia di amici.
Sono membro di varie associazioni culturali e ambientaliste quali Greenpeace, Planetary Society, FAI, Ashrae, delle quali - nel mio piccolo - sostengo l'opera e condivido gli ideali di fondo.
(Antonio Briganti, alias Anthony MacBirthay).
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