Ancora due volte Merritt tornerà alla collaudata formula della lost race, sempre a metà fra dark fantasy e fantascienza. Prima nella coppia di storie The Face in the Abyss (1923), e The Snake Mother (1930), unite in volume nel 1931 (Il volto nell'abisso, Fanucci 1981 e 1990), con i discendenti, sopravvissuti in Sudamerica, di una società preumana fatta di rettili, sull'orlo dell'estinzione e portatori di immense conoscenze.
E poi Dwellers in the Mirage (1932; Gli abitatori del miraggio; Fanucci 1977 e 1989), a cui Argosy impone un lieto fine che solo in un'edizione postuma sarà rimpiazzato dal finale originariamente inteso da Merritt. Il protagonista nordico qui è accompagnato da un indiano cherokee, che pesca nella materia delle civiltà precolombiane. Piramidi nere in Alaska, accesso al solito mondo parallelo.
Da questo modello Merritt si allontana con The Ship of Ishtar (1924; Il vascello di Ishtar, Fanucci 1978 e 1990), una pura fantasy di argomento babilonese che diventa forse il suo romanzo più popolare. Un avventuriero americano è sbalzato in un "mondo secondario" che non sarebbe dispiaciuto a Tolkien. In realtà la "cornice" iniziale è poco più di una scusa, quello che conta è il mondo della lotta fra Ishtar e Nergal, fra bene e male, e il romanzo risulta meno riuscito, proprio per la predominanza assoluta di un linguaggio sentimentale: la "purezza" del genere e l'immersione totale nell'universo fantastico non fanno bene a Merritt, mentre al contrario è proprio la giustapposizione fra mondi a beneficiare la qualità narrativa.
Affascinanti sono comunque le sue tarde incursioni nelll'orrifico. La prima è Seven Footprints to Satan (1927; Sette passi verso Satana, Siad 1979), storia di magia con ambientazione urbana moderna, senza luoghi "secondari". La fonte di potere qui è uno scienziato satanico, controllore dell'occulto che vive in una labirintica magione e che da lì prova a esercitare il suo dominio (un caso, letteralmente, di persuasione occulta, come ha scritto Giuseppe Lippi). Da questo romanzo fu tratto nel 1929 uno dei due film ispirati da Merritt (con lo stesso titolo, diretto dal regista di origine danese Benjamin Christiensen). Ad essa segue l'ultimo dittico composto da Burn, Witch, Burn! (1932; Brucia, strega, brucia!, Nord 1971) e Creep, Shadow! (1934; Striscia, Ombra!, Galassia 227, 1977): dal primo il grande Tod Browning trasse il suo La bambola del diavolo (The Devil-Doll, 1936), flop commerciale ma uno dei suoi migliori, anche grazie a un'immensa performance en travesti di Lionel Barrymore (in cui una curiosità è la partecipazione di una caratterista hollywoodiana nata in Italia, a Venezia, citata nei credits col nome di Rafaela Ottiano). In entrambe le storie, al centro sono personaggi femminili meno scontati del solito. Il primo parla di stregoneria e vendetta, il secondo romanzo presenta un nuovo tipo di sdoppiamento fra mondi e di contatto fra personalità di epoche diverse.
Negli ultimi anni, Merritt scriverà poco altro. In conclusione, ne vorrei ricordare due, le partecipazioni a round-robin stories promosse da Fantasy Magazine. Del 1935 è la collaborazione weird scritta insieme a C. L. Moore, H. P. Lovecraft, Robert E. Howard e Frank Belknap Long: come ci si poteva attendere, il contributo di Merritt è il "primo contatto" con l'essere arcano (The Challenge from Beyond, Sfida dall'ignoto, in Lovecraft, Tutti i racconti, 1931-36, Mondadori 1992). Dell'anno prima, invece, è The Last Poet and the Robots (L'ultimo poeta e i robot, nota anche come Rhythm of the Spheres), parte di un progetto che convolge 17 autori, ma il racconto di Merritt è del tutto indipendente. Davanti alla distopia meccanizzata dominata dai robot, prova a opporsi un artista (poeta e musicista) di origine russa che non disdegna la scienza e la tecnologia. Sarà proprio lui, con la sua musica, a restituire una speranza al mondo. L'unico racconto puramente fantascientifico di Merritt dà una versione più ottimistica della distopia di Huxley e Zamiatin - ma della sua fede nella collaborazione fra immaginazione scientifica e fantastica Merritt aveva già dato prova, con altrettanta goffaggine e maggiore efficacia.
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