La visione di Merritt non è meno complessa. Di oltrepassare frontiere, limiti, soglie, mura, abissi, precipizi, confini insuperabili si parla in maniera quasi ossessiva, in ogni storia. I suoi eroi possono essere alla ricerca di spazi vuoti, esplorabili e colonizzabili, ma la scoperta principale è l'illusorietà di questa ricerca. Non esistono e non sono mai esistiti luoghi senza storia e senza passato. Nell'Artico, nei Tropici, in Tibet, nel Pacifico e nella New York del boom urbano, l'avventuriero o lo scienziato di Merritt scopre sempre delle presenze: il fascino e il desiderio, l'avversario e la minaccia. Nell'incontro col mistero, mai si annulla la motivazione, la capacità di interrogarsi sul mondo che muove il protagonista: l'universo di Merritt è pieno di misteri che l'uomo non riuscirà a conoscere, non di misteri che l'uomo non deve conoscere. In questo sta una visione intimamente laica.
Soprattutto, l'universo è pieno di storie che meritano di essere raccontate. Le presenze misteriose sono tali perché nessuno le ha narrate; il titolo di un capitolo di Il pozzo della luna è appunto "Le pagine perdute della terra". Prendiamo l'inizio del secondo capitolo di The Metal Monster, uscito su Argosy nel 1920:
In questo enorme crogiolo di vita che chiamiamo terra, [...] i misteri sono dappertutto [...]. Ci camminano al fianco, senza che possiamo vederli né udirli, chiamandoci a gran voce, domandandoci perché ci ostiniamo a rimanere sordi alle loro grida, ciechi ai loro miracoli [wonder].A volte questi veli cadono, liberando la vista di un uomo, allora quest'uomo vede... e parla della sua visione. (Il mostro di metallo, Fanucci 1994, tr. adattata)
Davanti al meraviglioso, farsi delle domande e raccontare delle storie. Al centro delle storie, il piacere del raccontare. Il sense of wonder è tutto qua, e Merritt ne fa consapevolmente il fulcro della sua poetica di narratore popolare. A partire dalle ristampe dei suoi romanzi, che Hugo Gernsback ospiterà su Amazing alla fine degli anni Venti, la fantascienza ne imparerà la lezione.
I due romanzi appena menzionati sono un buon esempio delle sue trame. L'americano che si trova a visitare un territorio misterioso, quasi sempre in luoghi esotici, il contatto con una storia parallela, con un passato sconosciuto che si è sviluppato a partire da premesse antichissime, con forme di potere e di dominio che vanno sconfitte. Un po' figlio dell'occulto soprannaturale di moda in Inghilterra e in America, attento alle suggestioni dell'archeologia, un po' figlio dell'evoluzionismo e del meraviglioso scientifico, o meglio pseudo-scientifico (si citano darwiniani come Spencer, biologi come Haeckel, teorici della suggestione collettiva come Le Bon), Merritt aggiunge una visualità e una sensualità che ne sono la firma, e personaggi femminili, come dice Giuseppe Lippi in una prefazione a Il pozzo della luna (Mondadori 1999), costruiti come "una sorta di Lei [il capolavoro di Haggard]in versione dark". Lo scontro è con mondi apparentemente fuori dal tempo, dalla storia, dall'umanità e dalle leggi fisiche: l'arrivo del personaggio sembra innanzitutto rimarcarne la precarietà. Alla fine della Prima Guerra Mondiale, questo senso di precarietà è forse un monito anche per l'America, a cui Merritt consegna la "lezione [...] di umiltà" che il narratore di Il mostro di metallo afferma, nell'ultima pagina del romanzo, di aver appreso dalle sue avventure.
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