In cerca di prove

Il rotore giroscopico più perfetto mai realizzato al mondo, con gli alloggiamenti in cui è inserito. Nel Gravity Probe B ce ne sono quattro.
Il rotore giroscopico più perfetto mai realizzato al mondo, con gli alloggiamenti in cui è inserito. Nel Gravity Probe B ce ne sono quattro.
C'erano tre indizi fenomenici che Einstein suggerì a suffragio della sua visione dell'universo. Il primo era la deflessione della luce proveniente da una stella distante. In pratica la luce, come qualsiasi altra "cosa" in movimento nell'universo, avrebbe dovuto piegarsi anch'essa alla legge della curvatura dello spaziotempo. Così, se nel suo cammino verso di noi, la luce di una stella passa vicino a un corpo dotato di grande massa, il suo cammino dovrebbe "curvare" seguendo l'avvallamento creato dalla grande massa nel tessuto dello spaziotempo e di conseguenza ai nostri occhi dovrebbe risultare leggermente spostata rispetto alla sua posizione effettiva. L'effetto fu effettivamente osservato nel 1919 da Frank Dyson, Arthur Eddington e Charles Davidson durante un esperimento concepito proprio per cercare la conferma della teoria di Einstein. Da allora l'effetto di deflessione gravitazionale dei raggi di luce e delle onde radio è stato osservato innumerevoli volte con precisione sempre crescente e sempre in accordo a quanto previsto dalla teoria. La seconda prova della teoria di Einstein venne dal fenomeno di precessione del perielio dell'orbita di Mercurio, che ogni secolo si sposta di 5600 secondi d'arco.

Questo significa che a ogni rivoluzione intorno al Sole, la posizione in cui Mercurio si trova più vicino al Sole stesso (il perielio, appunto) si sposta leggermente nella stessa direzione della rivoluzione. Ebbene, la teoria newtoniana spiegava il fenomeno di precessione ma lo quantificava in 5557 secondi d'arco per secolo, valore non in accordo alle osservazioni che mostrano 43 secondi d'arco in più di quelli previsti. Si dà il caso invece che la teoria di Einstein copra alla perfezione anche quei 43 secondi d'arco di troppo e risulti quindi tagliata su misura per spiegare il fenomeno. L'ultima importante prova sperimentale a conferma della validità della teoria di Einstein venne dal fenomeno di cosiddetto "redshift gravitazionale", ovvero dello spostamento verso il rosso della luce che emerge dai campi gravitazionali. Il fenomeno di redshift è l'analogo elettromagnetico dell'Effetto Doppler delle onde sonore, ben conosciuto da tutti se non altro per il classico esempio dell'ambulanza. Quando un'ambulanza si allontana da noi, infatti, il suono emanato dalla sirena viene percepito più grave perché il movimento di allontanamento dell'ambulanza abbassa la frequenza dell'onda sonora, aumentando la sua lunghezza.

La stessa cosa è applicabile anche alle onde elettromagnetiche e, nel caso della luce, questo si traduce nella tendenza dell'onda luminosa di "arrossarsi", ovvero di tendere verso lunghezze d'onda più lunghe, proprie della parte infrarossa dello spettro. Questo è il sistema con cui è stata notata ad esempio l'espansione dell'universo (la luce proveniente dai corpi in allontanamento da noi ha frequenze spostate verso il rosso), ma questo fenomeno è applicabile anche alla luce che "emerge" da un campo gravitazionale, poiché la curvatura dello spaziotempo fa perdere energia all'onda di luce, e ne fa così aumentare la lunghezza d'onda. Anche quest'effetto fu dimostrato nel 1976 da un esperimento orbitale chiamato Gravity Probe A. Tuttora, restano però da individuare le onde gravitazionali vere e proprie, che non sono mai state osservate sperimentalmente. Ma il mistero, si spera, è destinato a durare ancora per poco e, se la missione cominciata proprio pochi giorni fa avrà successo, potrà essere considerata una delle sperimentazioni più importanti di tutta la storia della fisica.