All'alba si svegliò, l'immagine del fuoco impressa nella mente, sovrapposta ad altre tenui immagini di sogno che sfuggirono leggere da lui non appena aprì gli occhi. Era il momento magico in cui sole e luna apparivano insieme, sbiaditi entrambi, lontani in un cielo d'argento e oro. Si scosse rabbrividendo per il freddo della notte penetratogli nelle ossa malgrado il grasso che avvolgeva il suo corpo massiccio. Osservò il cielo stropicciandosi gli occhi. Guardò la cenere tra il cerchio dei sassi, si alzò dalla pietra e cominciò a battere i piedi a terra sollevando nuvole basse di polvere bianca.

Lentamente si diresse verso il capannone dove gli animali ancora dormivano tranquilli. Una volta entrato si avvicinò con sicurezza alla leva che comandava l'apertura della gabbia più vicina e la abbassò. Subito la porta si sollevò con un cigolio e l'animale dentro si scosse emettendo grugniti soddisfatti e socchiuse gli occhi annusando l'aria col suo muso enorme.

L'uomo aprì le gabbie una dopo l'altra, poi spinse la porta del capannone lungo la guida su cui era appoggiata. Come la luce entrò nella sala buia gli animali scivolarono timidamente fuori dalle gabbie strusciando i loro ventri bassi sulla paglia e sul terreno, annusando l'aria e ciondolando la testa e agitando le orecchie. Con gesti leggeri l'uomo li guidò verso l'uscita, e sorridendo li osservò ammassarsi contro la porta e spingersi goffamente l'un l'altro per oltrepassarla.

Quando tutti furono fuori richiuse la porta dall'interno e si spostò verso la piccola vasca rettangolare scavata al centro della stanza e ricolma del liquido scuro colato giù dagli animali e dalle gabbie attraverso i sottili canali incisi a terra. Sollevò lo sportello a fianco della vasca, infilò una mano dentro l'apertura e abbassò una leva, e quando il liquido sussultò lui si alzò da terra e guardò felice, guardò il liquido scendere inghiottito dal buco nella vasca. Aspettò in silenzio. L'attesa era lunga, troppo lunga. Certo, aveva tutto il tempo, tutta la giornata se voleva, eppure sentiva l'impazienza coglierlo, il desiderio del liquido farlo fremere davanti al liquido che scivolava via dalle pareti della vasca con lentezza.

Finalmente la vasca era vuota! Allora infilò ancora la mano nell'apertura e poi la ritirò, e stringeva una bottiglia di vetro dal collo largo, piena fino all'orlo del liquido denso e nero.

Uscì con la bottiglia tra le dita e seguendo le tracce degli animali in breve fu dietro di loro, e camminò con loro incurante delle nuvole di polvere sollevate dallo strisciare pesante dei loro corpi contro la terra asciutta. Per un paio di volte non poté trattenersi dal tossire e allora si fermò, ma ritornò subito a muoversi fin quando la collina gli fu davanti. Allora, incamminandosi verso l'alto, abbandonò gli animali al loro vagare. Più volte si arrestò ansimante a riprendere fiato, e poi ancora riprese a camminare spostandosi con passetti lenti e molli, con l'impressione di sollevare piombo, come se ciascuno di quei passi lo costringesse ad uno spreco di energie superiori alle sue possibilità.

Quando finalmente fu in cima lanciò lo sguardo in basso. Gli animali strisciavano con movimenti quasi impercettibili da lì, si aggiravano attorno alla casa raschiando i musi nella sabbia, scavando buche con le unghie affilate, masticando la vegetazione ingiallita. Quella scena gli piaceva. Amava la collina, l'altezza gli permetteva uno sguardo d'insieme alla casa, al deserto, agli animali, all'orizzonte dove cielo e terra si incontrano in una linea. Gli piaceva questo.