- E' bene essere pronti - aggiunge. Poi, per dimostrarmi che non scherza, imbraccia il fucile che tiene nel fodero a lato della carrozzina, come un vecchio mandriano del west. - E il resto è gloria. Posta?
Allungo la busta col timbro dell'esercito. - Dal Comando Nazionale, signor generale.
Rommel arpiona la busta e strappa il bordo con precisione, stando ben attento a salvare il contenuto. Poi l'occhio comincia a scorrere le poche righe. Si agita sempre mentre legge, e si arrabbia.
- Culi di pietra - commenta. - Mai una volta che qualcuno di loro faccia lo sforzo di venire a controllare la situazione nella zona operativa.
- Brutte notizie, generale?
- Vogliono che mantenga la posizione, come se fosse facile senza uno straccio di rifornimenti. Dicono che il mio ruolo nello scacchiere strategico è l'unica certezza nell'evolversi della situazione e blablabla...
- Complimenti, signore - affermo scattando sull'attenti.
Mi guarda lisciandosi i mustacchi simili a staccionate. - Oggi, caro mio,chi vuole più delle certezze?
La curva è a pochi metri dal ponte. Un taglio secco a destra imbevuto di fango e rovine di vecchi palazzi che non hanno retto alla storia; non proprio l'ideale per i camion stracarichi che spuntano rombando dalla strada che conduce a nord. Portano provviste e generi di prima necessità nella zona civile una volta alla settimana; il camion, uno solo, ha una piccola scorta e tanta fretta di andarsene via da questa parte della città abbandonata. I sopravvissuti li attaccano spesso e sempre prima del ponte che delimita il nostro confine muto, una linea di quarantena permanente.
Ho scavato una buca profonda proprio dietro alla curva: il camion arriva a grande velocità, sbanda, prende in pieno la buca, il cassone sobbalza e di solito lascia cadere qualcosa. La scorta e i soldati arrampicati sul camion non scendono mai per recuperare una scatola o due. Meglio filarsela.
E' così che mangiamo, se la fortuna ci assiste.
Ed è così che ho trovato la carta da lettere.
Anche oggi me ne sto acquattato nella fogna di sempre, la grata del tombino appoggiata in testa e giusto un filo di luce per guardare. Il camion arriva, sbanda, prende la buca e uno stronzo di soldato riesce a trattenere una scatola che stava per volare giù.
Amen. Questa settimana si tira la cinghia.
- Pensavo peggio. Qualche piccola crepa, ma il vetro ancora tiene.
Doc lavora con una piccola lucidatrice, fissando l'interno della mia bocca attraverso le orbite sporche di un paio di vecchi occhiali da motociclista perché, dice, qualche pezzo potrebbe sempre volar via.
Doc, per tutti noi, è un genio.
Quando il cibo scarseggia e ci si adatta a mangiare di tutto i denti sono importanti, per chi li ha. "E' un problema della dentina, per questo ti cadono" mi disse un giorno, "probabilmente carenza di calcio, ma va' a capire". Così pensò al vetro come unica soluzione. Doc sa lavorare con qualsiasi cosa, fece uno stampo con i miei denti caduti e ci fuse dentro del vetro. Disse che aveva del vecchio collante industriale e che sarebbe stato facile innestarli nell'osso, lavorandoci un po'. Risi a crepapelle la prima volta che vidi la mia lingua agitarsi dietro ai nuovi denti trasparenti.
Doc si toglie gli occhiali e guarda soddisfatto. - Ecco - sbotta con un sospiro, - per un po' dovrebbe andare bene.
- E' già molto, grazie.
Scuote la testa mentre inizia a riporre gli attrezzi. - Col tempo si scheggeranno e non serviranno più a niente. Avessi del vetro bianco sarebbe meglio, ha i silicati di calcio ed è più resistente. Ci penseremo quando sarà il momento. - Si ferma un attimo, guarda la busta che ho appoggiato sul tavolo e, con indifferenza, chiede: - Come va con gli altri?
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