Se dovessi buttare giù una percentuale, quanto di te c'è in quello che scrivi?
Ah, domanda personale, questa! Ti ringrazio, Alberto, per avermela posta... Se prendiamo in considerazione i personaggi (protagonisti e antagonisti) delle storie, ebbene non ce n'è uno, nel suo complesso, che mi somigli. Non comunque nella descrizione fisica, nel carattere, nell'innesto ambientale, eccetera. Se però si considera che nei miei racconti rivestono peso preponderante elementi estratti dalle varie branche della dottrina esoterica (dedotti dalle conclusioni suggeritemi dalla passione per la materia), vedi bene come, in fondo, c'è molto di me negli scritti, specialmente nelle osservazioni che di tanto in tanto metto in bocca ai personaggi. In altre parole, le mie storie propongono, almeno nelle intenzioni, più di una chiave di lettura, e se mi chiedi un dato matematico, potrei rispondere che la percentuale di cui trattasi oscilla dallo 0% al 100%, a seconda dell'angolo di visuale (e della chiave di lettura, appunto).
Facciamo un'ipotesi: domani Giuseppe Lippi ti telefona congratulandosi per la vittoria al Premio Urania e tu...
Ah, domanda intrigante, questa! Ti ringrazio, Alberto, per avermela posta...
Trattengo strenuamente ululati e schiamazzi, e ringrazio compitamente il buon Lippi, ostentando la professionalità che si confà al più grande scrittore di fantascienza di tutti i tempi. Saluto con cordialità il succitato e riattacco con calma la cornetta.
Subito dopo, nell'ordine:
1) sollevo l'indice nel gesto descritto alla risposta 2, indirizzando mentalmente l'oscenità ormai sai a chi;
2) accendo una sigaretta dalla parte del filtro e quasi mi strozzo;
3) allora decido di sopire la tachicardia improvvisando una danza sufi, senza però riuscire a rilassarmi nella trance; in compenso vengo colto da incontinenza improvvisa e mi bagno di pipì;
4) scuotendo i pantaloni per lasciar scorrere il liquido lungo le gambe (alla maniera di Ciccio Ingrassia in Amarcord), mi accendo un'altra sigaretta; dalla parte giusta questa volta, ma aspiro con tanta forza che mi strozzo di nuovo.
Improvvisamente, un pensiero tremendo mi assale: "ma quand'è che ho mandato un romanzo al Premio Urania, io?". Continuo a scuotere i pantaloni (anche se ormai non serve: la febbre che arroventa il mio corpo ha asciugato la pipì) e mi sento come quel tale che esulta per un tredici e poi ricorda di non aver giocato la schedina. Ma basta poco a rincuorarmi: che c'è di strano se uno scrittore di fantascienza vince un Premio per un romanzo mai presentato? L'importante è vincerlo, il Premio. Poi, che ci vuole? Il romanzo del secolo può scriverlo con comodo, fra un anno o due anni o dieci anni; un bel viaggetto indietro nel tempo per presentarlo nei termini di scadenza e il gioco è fatto. Se non si potesse godere di questi privilegi, perché mai uno dovrebbe mettersi a scrivere fantascienza?
Sei famoso, vezzeggiato, adorato dai fan, vivi con le guardie del corpo e ti capita, alla presentazione del tuo ultimo bestseller, di imbatterti in una persona emozionata, timidissima e che ha tutta l'intenzione di fare lo scrittore qualunque cosa voi diciate. L'ignaro pende dalle tue labbra perché oltre all'autografo vuole avere due cose molto semplici, due perle di saggezza: una sul cosa fare e l'altra sul cosa non fare per iniziare a scrivere...
Ah, domanda didattica, questa! Ti ringrazio, Alberto, per avermela posta...
Il fatto è che tutto questo mi è già capitato. Qualche anno fa, quando pubblicavo firmandomi con lo pseudonimo Isaac... No, forse è meglio che non riveli questa cosa: a qualcuno potrebbe venire un colpo. Dirò, semplicemente, che all'uscita del terzo tomo di una mia saga galattica (una cosetta che parlava di psicostoria, Fondazioni e doppie spirali), fui avvicinato proprio da un ammiratore timido come tu l'hai descritto. Come mi comportai? Proprio in quel modo: dopo aver firmato l'autografo, gli regalai le famose perle di saggezza.
Gli dissi: "Leggi molto, leggi tutto. E poi dimentica. La base culturale è fondamentale, ma la ricerca di uno stile personale, di un'originalità, lo è ancora di più. Non cercare di imitare il modo di scrivere dei "grandi": ne diventeresti soltanto una brutta (o una bella) copia. Loro sono stati originali, tu non lo saresti. Non saresti niente".
Non lo vidi soddisfatto, e allora aggiunsi: "Ma, soprattutto, non cercare mai uno stile per forza: quando sarà il momento, sarà lui a venire da te".
Malauguratamente, quest'ultima perla non fece che confonderlo ulteriormente. E allora decisi di rivelargli la vera essenza del tutto. Gli dissi: "Ricordalo, ricordalo sempre che se piove il Governo è ladro, che il pallone è rotondo e che non ci sono più le mezze stagioni".
Andò via felice.
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