Europa, 10 dicembre 1998
L'umanità sfoltiva i suoi rami secchi, foglie ingiallite che cadevano in tutte le nazioni della Terra, spiraleggiavano nell'aria fredda fino a quando non toccavano il selciato. Poi, un vento più forte spingeva queste vite negli angoli, a marcire. Oppure gli uomini erano diventati gocce di pioggia su un tessuto, individui instabili condannati dall'entropia a muoversi e a cadere. Frank, mentre si rollava una sigaretta Gaulois, ripeteva che la vita della gente era diventata come un hard disk Western Digital da 20 giga che non ne voleva sapere di funzionare, e una volta al giorno scandisk perdeva dei settori, e così la gente moriva per delle malattie del cazzo che, fino a un paio di mesi prima, un antibiotico da due euro poteva curare senza problemi.
Peter se ne andò di martedì, abbandonò l'ufficio per andare a vivere in una baracca sulla spiaggia con le sue bambine. Sarebbe tornato dopo l'epidemia, rimanendo in contatto via e-mail, utilizzando un modem satellitare a elementi fotovoltaici che contava di riparare. Arraffò un paio di vecchi romanzi di Dick, i manuali di Oracle 8i e sparì senza chiudere la porta. La trentacinquenne scoppiata, puntuale come la sfiga, si presentò dieci minuti dopo. Ci raccontò le sue allucinazioni, di un'amica di Montecarlo che faceva la scrittrice ma non scriveva, di malattie raccapriccianti, mentre io e Frank annuivamo stancamente e digitavamo uno script Java. Abbassò lo stereo, rendendo Birds of Fire inaudibile, per stremarci con i suoi problemi. Frank si scolò una Bass ghiacciata e ruttò. Rimanemmo infilati in quello stretto triplice silenzio per una ventina di secondi, poi la donna si mise a piangere intridendo di lacrime il cotone damascato del divano.
- Basta - decise Frank inginocchiandosi a terra e frugando nello scatolone dei CD. - Sentiremo rock tedesco fino alla fine dell'epidemia.
Si trattava di musica tremenda degli anni Settanta, come Amon Düül, Can, Ash Ra Tempel, Popul Vuh e i primi Tangerine Dream, quelli puri di Atem, Zeit ed Electronic Meditation. L'autunno infieriva quando Art Decad entrò nell'appartamento.
- Questa è un'amica vostra? - chiese ruotando le iridi azzurre verso la donna sdraiata sul divano.
Io e Frank ci consultammo, leggendo tra le rughe il nostro disinteresse, e scuotemmo il capo.
Art Decad estrasse la Tokarev e la puntò verso la donna. - Dobbiamo restare soli.
La donna si alzò, salutò con i suoi occhi gonfi di pianto, si mise a posto una lente a contatto e si allontanò lentamente, seguendo il ritmo di un tango che nessuno stava suonando per lei.
- Siete nella merda - disse l'hacker che non aveva mai usato un computer, ma che viveva nelle informazioni dei libri, nei vecchi film e nella musica su vinile.
Salvai la mia procedura e lo guardai. Era alto un metro e settanta, robusto, capelli biondi tagliati corti, una t-shirt dei Sex Pistols, jeans neri, anfibi, e giubbotto di pelle alla Rickenharp. Portava anacronistici occhiali da vista dalla montatura sottile. Aveva passato i quarant'anni, ed era rimasto con la testa e i sentimenti in un decennio che gli piaceva più di questo.
- Qualcuno vi ha rubato il browser e l'ha usato per entrare nella banca dati dell'OMS. Ha prelevato le specifiche della nuova generazione di antibiotici e li ha prodotti.
- Cazzo, no... - gemette Frank sputando a terra la sigaretta accesa.
- Li hanno usati per produrre diserbanti per la soia. Roba prodotta in Namibia e venduta in estremo oriente, da dove è partita l'epidemia di batteri resistenti. - Gli occhi di Art vagavano per la stanza mentre parlava lentamente, scegliendo le parole affinché fossero il minore numero possibile. Riusciva a stare immobile per ore, mentre guardava le scabrature delle pietre e vi leggeva storie che nessuno conosceva. - Siete nella merda, quelli del SNMP stanno per localizzarvi.
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