- La e-mail viene dall'Italia - profferì Peter accartocciando il silenzio con le sue parole. - Da Imperia. - Aveva tracciato il messaggio fino al mail sever di partenza.
- So dov'è - bofonchiò Frank. - Un posto del cazzo, un grandissimo posto del cazzo.
- Dimmi un posto al mondo che non sia un posto del cazzo? - chiesi a Frank che si stava arrotolando una cartina.
Gli occhi neri mi fissarono da sotto il sipario di rughe. Sembrò pensarci su, come se gli avessi rivolto una domanda seria, poi sorrise soddisfatto. - Cuba, naturalmente.
Ridemmo tutti e tre, e Peter fece un buco nel cartone di birra che sosteneva un hub e ci lanciò due bottigliette di Orval.
Il cielo sopra il porto era vivo di colori e di spezzoni fiammeggianti. L'arazzo dei fuochi artificiali della festa attribuiva alla cittadina rivierasca una inaspettata messicanità. Frank inseguiva i bambini ebbri di lampi e di esplosioni, e le brevi corse si concludevano in risate e in urla.
- Ehi, chicos - sbraitava Frank chiazzato dalle vampate purpuree dei fuochi artificiali che si spegnevano nelle acque calde della laguna. - Venite qui, furfanti.
Peter si avvicinò a Frank che zoppicava nella notte. Gli poggiò una mano sulla spalla e, senza dire nulla, interruppe il gioco.
Io attendevo appoggiato al bancone di una gelateria e guardavo una coppia di inglesi seduti a un tavolino rotondo. La donna doveva aver superato i quarant'anni, e la sua bellezza attendeva di sfiorire rapidamente da un giorno all'altro. Un tailleur di flanella bianco troppo sbottonato attirava sulla pelle la calura estiva. Soffiava a raffiche un vento caldo dai natali medio orientali, profumato di spezie e di alghe arse, e l'umidità sembrava insinuarsi tra i seni per bagnarle il ventre. Guardava il cielo in fiamme senza muovere un muscolo, ostentando il profilo regolare alle mie osservazioni, centellinando la frutta che tempestava il gelato, divaricando lentamente le labbra e tenendole in attesa della frescura metallica del cucchiaino. La lingua sfiorava la curva inferiore della posata e un fremito quasi impercettibile divampava nelle palpebre. Davanti a lei un uomo anziano, alto e magro, leggeva con attenzione una copia spiegazzata del Wall Street Journal, e divideva le proprie rare distrazioni tra la donna e i fuochi artificiali. Indossava calzoni grigi e camicia scura, comodi mocassini, quasi quella serata avesse preteso da lui di esternare nell'abbigliamento una semplicità interiore difficile da contenere. Gli occhi azzurri tendevano al grigio e avevano perduto da anni la loro originale vivacità. Si muovevano lenti e preferivano appoggiarsi sulle forme, come se intendessero riposare piuttosto che guardare. La donna di voltò, offrendo la nuca al mare. I capelli biondi si mossero leggeri, accennando un improvviso interesse alla musica soffocata dallo spettacolo pirotecnico, ma fu un attimo e la pettinatura riprese il sopravvento. Allontanò da sé la coppa di gelato ancora piena per metà e con quel gesto richiamò l'attenzione dell'uomo. Il cielo notturno esplodeva di verde smeraldo e i ricami incandescenti sfrigolavano contro l'orizzonte nero. L'uomo richiuse il quotidiano e lo poggiò sul tavolino. Si allungò verso la donna per ascoltare parole risucchiate e sconvolte dalle esplosioni, poi l'uomo di alzò gravemente, con la mano destra si ravviò i capelli grigi all'indietro ed entrò nella folla rivolta verso il mare.
Peter e Frank si erano fermati sotto un porticato. Il primo osservava silenzioso la folla assorta dall'attrazione della festa, in attesa del gran finale. La borsa imbottita del portatile gli penzolava al fianco come un'appendice insostituibile. Carezzava costantemente la chiusura di velcro, temendo che qualcuno gli potesse sfilare il contento. Frank invece ansimava per lo sforzo del gioco e la sua camicia senape era chiazzata da larghe macchie di sudore.
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