Dici e rievochi un'epoca "d'oro" - quasi un'epopea - che si spense nel riflusso generalizzato ma di cui restano tracce cartacee concrete; tuttavia tremo al pensiero del cortocircuito mentale che un accostamento tipo Toni Negri/Vittorio Curtoni provocherà in alcuni:-) Ma proseguiamo: cosa pensi della sf in genere, di quella odierna in particolare?
Per una decina d'anni mi dedicai solo alla fantascienza, e penso di avere letto più di un migliaio di libri. Questo ha comportato per me una sorta di esaurimento del genere; contemporaneamente i grandi scrittori degli anni Settanta (Delany, Zelazny, Disch, Malzberg, Moorcock, Spinrad, Vonnegut) entrano i crisi; James Ballard, con L'impero del sole, di fatto abbandona la fantascienza, Philip Dick muore prematuramente. Con l'inizio degli Ottanta la fantascienza perde la spinta creativa che l'aveva caratterizzata per quasi un secolo. Il cyberpunk, purtroppo, è stato un fenomeno effimero che ha prodotto una narrativa colta ma poco entusiasmante. Ciò che rendeva grande la fantascienza delle origini, e parlo di autori come E.R. Burroughs e H.G. Wells, di Jack London come di autori pulp quali Cummings e Weinbaum, era la sua capacità visionaria. Si trattava di una potente visione del mondo, distorta come da una lente anamorfica, che si concentrava sugli elementi innovativi del potere, delle tecnologie e dell'organizzazione sociale. In tal senso la narrativa, come fece poi il cinema sf degli anni Cinquanta, era in grado di amplificare questi aspetti paradigmatici del Novecento stravolgendoli attraverso meccanismi inventivi che sono tipici della fantascienza. Del resto tutto il nostro vecchio secolo sta dentro le riviste di fantascienza in maniera più profonda che nei giornali. Guerra, incubo nucleare, primato della biologia, divisione di classe, fondamentalismo religioso, imperialismo, nuove percezioni, mondi sintetici... Tutto diffuso nella fantascienza, per lo più in opere scadenti, ma comunque in grado di evocare l'idea di una perenne e inarrestabile trasformazione del mondo.
Per diversi motivi la fantascienza ha perduto questo primato, sostituita in parte dall'horror e dal noir. Non dimentichiamo che negli anni Ottanta, in tutto il mondo ma a partire dagli Stati Uniti, si estende una crisi economica che è contemporanea alla conclusione del grande ciclo di contestazione degli anni Sessanta. La grande fantascienza sociologica di Pohl, Dick, Vonnegut e Sheckley è coerente con il generale fermento degli Stati Uniti in cui conflitti razziali, diritti civili, pacifismo, antagonismo sociale riprendono vigore dopo le grandi repressioni del sindacato della fine degli anni Trenta e del periodo bellico. La società di massa si sta dispiegando con grande forza, la politica internazionale è spaventosa, rappresentata com'è da istanze totalitarie in tutte le sue componenti; i media della comunicazione e la pubblicità iniziano il loro processo di indebolimento dei grandi ideali della costituzione statunitense. La fantascienza era grande perché erano in gioco queste contraddizioni, e l'esito non era scontato. Negli Ottanta il predominio del noir, che dura ancora oggi, ci parla di una società corrotta e di individui sconfitti e non assimilabili, di perversione e violenza gratuita...
Gli autori sf di oggi mi piacciono, ma non mi esaltano. Parlo di bravi scrittori come Egan, MacLeod, Sawyer, Russo, Butler, Willis. Amavo molto Lucius Shepard, ma è sparito.
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