"Lasciatemi piuttosto morire solo come il compagno Orwell, per favore"

Intervista con Domenico Gallo

Per partire vado sul tradizionale: dove e in che anno sei nato; studi, la tua attività, la famiglia. Quando ti sei accostato alla sf, e come mai?

Allora, sono nato a Genova nel 1959. Sono sposato e ho un figlio di 11 anni. L'età dai venti ai trenta la divisi in maniera inconsulta tra attività politica, alpinismo, fantascienza e lo studio. Dico sempre che ho vissuto almeno quattro vite avvinghiate l'una all'altra, che si confondevano tra loro. Mi sono laureato in storia della fisica con un grande professore come Enrico Bellone, oggi direttore di Le Scienze. Quello della tesi è stato uno dei periodi maggiormente stimolanti della mia vita intellettuale, e con grande rimpianto mi sono ritrovato nel mondo del lavoro. Oggi sono direttore dei Sistemi Informativi dell'Azienda Sanitaria di Genova, un'attività che presenta aspetti di grande stimolo professionale, contrasti e difficoltà impressionanti, ma, soprattutto, la necessità di vivere in un ambiente umano complesso quanto una corte rinascimentale. Senza gli artisti a rallegrarla, purtroppo...

Alla fantascienza mi avvicinai durante le scuole medie e grazie a un autentico capolavoro di Fredric Brown, Assurdo universo. Subito dopo lessi, di Brown, Il vagabondo dello spazio e ne rimasi affascinato per la vita.

Ma ero già un lettore disperato a cinque anni: avevo saccheggiato Emilio Salgari, i romanzi di Tarzan di Edgar Rice Burroughs, molto Jules Verne e autori spacciati per ragazzi come Cooper e Stevenson. Esaurita quella fase (ma anche i titoli) ero finito a leggere gli Oscar Mondadori di letteratura italiana. Per fortuna un compagno di scuola mi corruppe con Brown, e mi salvò.

La grande carica immaginaria della fantascienza mi colpì immediatamente, e con tale forza, che resistetti anche a una serie di Urania acquistati a caso e decisamente mediocri. La fantascienza che lessi nel 1973 era diversa da quella di Verne, che mi aveva sostanzialmente annoiato. Aveva, nei casi migliori, la stessa attrazione di Salgari, ma, contemporaneamente, mi inquietava. Tra l'altro vivevo un'adolescenza abbastanza conflittuale e in bilico tra due modelli di vita. Per un verso, abitando in un quartiere dove era diffusa una certa violenza giovanile, ero attratto dalle bande e dal pericolo, per l'altro la lettura mi rendeva diverso dai miei coetanei, mi imponeva differenti prospettive. Frequentando il liceo mi allontanai progressivamente dalla vita di strada e, in maniera naturale, alla fine del '73, iniziò la mia dura militanza politica nella sinistra extraparlamentare.

Rammento questo perché la scoperta politica (costantemente accompagnata da delusioni e difficoltà) andò di pari passo con la scoperta della fantascienza, e il passare da un gruppo a un altro quasi coincise con l'assimilazione dei periodi storici della nostra letteratura. Per esempio nel '77, l'anno della grande e utopica rivolta giovanile, leggevo new wave. E non poteva che essere così...