- Fuochino... -

...che non era sotto il giubbotto antiproiettile, nè nei pantaloni, ma in una tasca accanto alla fondina, da cui lo tirò fuori...

- Tri tri tri

... un attimo troppo tardi.

- Fuoco!

...

Appena aveva sentito il colosso buttarsi addosso al suo collega, l'ispettrice Pasculli aveva preferito nascondersi ancora meglio, più che poteva. Ma l'Esposito (o finto Esposito) sembrava non curarsi più di lei. Anzi, cantarellava fra sé e sé, biascicando e giocherellando con Moldèr.

- Vedi, caro ficcanaso, ci serviva giusto mezzo pancreas per una meringa, e sei arrivato tu! -, gridava divertito.

- Adesso andiamo a divertirci noi due, e poi torniamo a cercare la tua collega. Non sei contento di stare per diventare una bella meringa? E contribuire così al nostro piano di controllo del mondo, eh? -, disse, e la voce sembrava allontanarsi. Pasculli udì il clangore metallico di una porta che si apriva e richiudeva. Al buio si sentiva come Jodie Foster in Il silenzio degli innocenti, e stava snocciolando un paio di rosari. Soffocata e lontana, le giunse ancora la voce del colosso:

- Sculli cara, ti prego di non muoverti; io e il tuo amico facciamo un rito macumba e torniamo subito -.

...

Dopo un po' Pasculli trovò il coraggio di mettere il proprio naso fuori dal nascondiglio che si era trovata, e per prima cosa cercò di alzare la serranda.

Niente da fare.

Provò allora ad aprire la finestra da cui era entrata.

Manco p'a capa.

Andò allora a perlustrare il famoso retro, e riattaccò la luce, per vederci un po' più chiaro.

E invece niente. Perfetta normalità bianca e puzzolente di qualunque macelleria.

Cella frigorifera.

Fredda, vuota e starnuto.

Attimo di panico. Ma nessuno si era affacciato a cercare il proprietario del raffreddore. Calma.

- Ci deve essere un passaggio segreto -, concluse l'ispettrice Pasculli Loredana detta Sculli.

- E so come trovarlo, ma prima mi serve una mano da fuori -, aggiunse fra sé e sé, iniziando a percuotere la serranda.

...

- Come va là dentro? -, chiese dalla strada lo Schiavi, già insospettito dall'improvvisa chiusura della serranda e richiamato dai colpi che Pasculli batteva da dentro.

- Male, ma non importa, e che te ne fotte. Mo' ascolta che mi devi fare queste due cose:

- Sì, ma...

Senza tollerare interruzioni Pasculli istruì il giovane. Poi concluse perentoria:

- Allora: prima fai le due telefonete, a Moldèr e alla polizia, poi vai 'nta macchina e mi prendi quello che ti ho detto poi torni presto e me lo passi da sotto la serranda. Te li ricordi i numeri?.. Non c'è tempo da perdere.

- Sì, sì -, balbettò lo Schiavi, e schizzò via.

- Pane per focaccia, figlio di zoccola! -, pensò truce Pasculli.

...

Poco dopo sentì squillare il cellulare di Moldèr e cercò di orientarsi seguendo i brevi trilli della suoneria del GSM, che venivano tutti da dietro una parete della cella frigorifera.

Pasculli iniziò a percuotere sistematicamente tutte le mattonelle, quindi provò a tirare giù i ganci da macellaio. Infine, presa da un gesto di stizza, tirò un calcio a un quarto di bue. La parete girò, e le aprì un panorama da brivido.

Su un tavolo operatorio da macellaio stava sdraiato, più nudo di come mamma l'aveva fatto, il brigadiere Moldèr: più nudo, perché in alcuni punti mostrava anche gli organi interni. Di spalle, un gigantesco alieno verde a placche rosse stava facendo strane operazioni, mentre un altro alieno, più piccolo, seduto su una sorta di seggiolone si divertiva a suonare percuotendo su un paio di conga una inquietante tarantella.