- Allora, mi raccomando, nessun rumore -.

- Nessuno -.

- E molta cautela: potrebbero uccidere anca noi

- Ma no!

- Davvero!

- Lascia perdere, vah... Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio

- La verità xè de fora.

- No, è là dentro...

...

Ruzzolando per terra come si usa fra i lagunari (il corpo in cui aveva prestato il servizio di leva), Moldèr sgattaiolò sotto un grosso tavolo di alluminio. Pasculli aveva provato altre volte a fare la stessa cosa, ma le rimanevano pur sempre quei sessanta centimetri di spessore all'altezza del culo che rendevano il tutto più difficile; infatti entrando da una grata aveva preferito chinarsi e infilarsi in un pertugio accanto alla cella frigorifera.

In quel mentre entrò fischiettando Schiavi Andrea, di anni 24, nella Macelleria Fratelli Esposito. Dal retro si affacciò uno dei fratelli cui l'insegna faceva riferimento. A occhio, saranno stati circa centocinquanta chili di fratello.

- Prego, dottò? -, chiese.

- Ah, sì grazie. Beh, io passavo di qui per caso (ma davvero per caso, ci tengo a sottolinearlo), e mi sono detto, perché non assaggiare una di quelle meravigliose meringhe al sangue di cui mi hanno tanto cantato le lodi. Quindi mi sono detto, entriamo e ordiniamo. Allora: vorrei una meringa al sangue. -, disse in sintesi il ragazzo.

- Ah. Nu' momento. -, rispose quella massa di Esposito, urlando quindi sul retro - Anto'? Ce stanno più pancreas? Manco mezzo? Ah, vabbeh!

E poi, rivolgendosi al tremebondo Andrea: - Ora come ora tenimmo dei problemi. Ma se volesse tornare più tardi...

Fece una pausa, si voltò allusivamente indietro, come se sapesse che i due agenti erano acquattati nell'ombra accanto alle celle frigorifere. Pasculli sentì un brivido salirle per la schiena, e un moccicone colarle per il naso.

- Se volesse tornare più tardi, gliela facimmo trovare bell'e che pronta. -, concluse il quintale abbondante di apparente macellaio.

- Perfetto. A più tardi -, disse Schiavi uscendo.

- Etcì -, aggiunse Pasculli.

...

Appena il ragazzo ebbe messo piede fuori del negozio, il fratello Esposito si affrettò a calare la serranda. Quindi accese la luce al neon e iniziò a ridere.

- Così i piccioncini si sono messi in trappola da soli, eh? -, gridò in perfetto italiano. - Uno sternuto così deve per forza appartenere a qualcuno poco abituato al freddo dei frigoriferi e dei condizionatori d'aria. Sbaglio, ispettrice Pasculli?

Tra freddo e cagarella, i due tremavano come foglie. Sarebbe bastato agli Esposito controllare con calma il locale, alla fredda luce del neon, per trovarli e farli facilmente a pezzi. Pasculli appoggiò la testa alle mattonelle fredde della parete, e la mano le scivolò su una serie di interruttori dietro il frigo. Per Pasculli non era strano avere culo, visto il suo profilo da bottiglia di CocaCola... e questa non poteva lasciarsela scappare. Spinse giù tutte le levette e l'intero negozio piombò nel buio più assoluto.

- Allora vogliamo giocare a, come lo chiamate voi, nascondino? -, fece il finto napoletano accompagnando le proprie parole con un rumore di passi.

Nel buio la sua voce era sempre meno napoletana e sempre più marziana: Pasculli se la faceva sotto, Moldèr pensava a che diamine c'entrasse la dieta.

- Acqua, acqua... -, disse l'Esposito. Poi si udirono dei suonini da videogioco ...no, pensò Moldèr, sembrano piuttosto i suoni di un telefono a selezione di frequenza. - Fuocherello... -

Quindi fu colto da un terribile dubbio, e iniziò a cercarsi addosso il proprio giessemme...