Davanti, a loro, dove prima c'era lo stabilimento della Che fico sei Subnuclear Cosmetics, si ergeva maestoso il 37° Palazzo Uffici dell'Eni, splendido nei suoi 48 piani costruiti a scalini come i giardini di Babilonia. Al di là delle splendenti vetrate azzurrate nuotavano pesci tropicali di ogni genere, e qualche dipendente caduto in disgrazia.
- Torniamo a casa - disse Loredana con desolazione.
Zona Dergano, appartamento di Loredana Pasculli
Mercoledì, ore 11.45 in punto
Nonostante fosse il suo compleanno, Loredana Pasculli era di pessimo umore. La vicenda della Che fico sei Subnuclear Cosmetics, conclusasi qualche giorno prima, l'aveva intristita molto. Per l'ennesima volta i suoi forzi e quelli di Fosco non erano serviti a svelare l'arcano e lei si sentiva affranta e sola. Senza potere e senza amici. Erano già le 11.45 e nessuno si era fatto vivo per augurarle buon compleanno. Neppure sua madre. Alle 8.30 aveva citofonato la portinaia ricordandole che la raccolta differenziata del pattume non le permetteva di gettare rifiuti organici assieme a quelli inorganici. La portinaia diceva che aveva anche visto aggirarsi in cantina un sorcio che assomigliava vagamente a Nilde Jotti. Loredana ricordò improvvisamente di quella fiala che le era rimasta in tasca durante l'ultima perlustrazione alla Che fico sei Subnuclear Cosmetics, e che aveva poi gettato inavvertitamente nel sacchetto dell'immondizia. Qualche topo l'aveva incautamente leccata, pensò. Ovviamente Loredana non disse nulla alla custode. Alle 8.55 la chiamarono dal Ministero delle Finanze. Forse loro, dati anagrafici alla mano, erano così gentili da telefonare a un pubblico ufficiale nel giorno del suo compleanno. E invece niente. Le fecero notare che aveva spedito per errore anziché il modello 101 il videotape della Carica dei 101. Un'ora dopo fu il caso della RAI. Evviva, pensò, sarò stata estratta a sorte per telefortuna o in occasione del mio... Purtroppo non era affatto un gioco. Dall'altra parte della cornetta le ricordarono che se non si decideva a pagare il canone le avrebbero pignorato la TV. Alle 11.09 telefonò la sua banca che le fece notare che era in rosso dal giorno dell'acquisto dei cosmetici e poi anche per colpa della sua ultima transazione con il bancomat servita per aprire una delle serrature della Subnuclear Cosmetics. Loredana si sentiva sempre più triste e avvilita. Era davvero sull'orlo di una crisi esistenziale e guardò con aria di sfida la sua finestra aperta che dava sul cortile.
Poi a mezzogiorno suonò il citofono. Corse a rispondere di tutta fretta: - Chi, chi è? - quasi balbettò la donna.
- Pasculli sono io - rispose una voce amica. - Sono Muldèr, ho qui qualcosa per te.
Loredana trasalì. Venne improvvisamente avvolta da una vampata di calore emozionale. Che carino, si disse tra se e se, si è ricordato del mio compleanno. Lui sì che è un vero amico. Forse l'unico. - Oh, come sono contenta, Muldèr - si lasciò andare la donna. - Vieni su, dai. Purtroppo l'ascensore è rotto... Sono sempre al quinto.
- Ascensore? Ma da quando hai l'ascensore?
- Da sempre, perché?
- Niente, niente... - e poi aggiunse tra i denti: - Maledetti alieni!
Quando Fosco raggiunse la porta non fece in tempo a suonare il campanello che Loredana gli aveva già aperto e gettato le braccia attorno al collo.
- Grazie di essere venuto, Muldèr. Davvero grazie.
- Ehi, Pasculli, che enfasi - disse stupito Fosco ravanando nelle tasche. Le chiavi erano sparite ancora una volta misteriosamente, ma in quel momento stava cercando qualcosa d'altro.
Loredana lo osservava attentamente con curiosità. Prima o poi il suo amico avrebbe tirato fuori un regalo per lei. Il suo volto era radioso e felice.
Finalmente Fosco estrasse qualcosa avvolto tra la carta di giornale.
- Ecco, è per te. - E aggiunse: - E' molto tempo che lo tengo in macchina, ma sono certo che puoi fare ancora un bel lavoro con lui.
Quando Loredana scartò il pacchetto e si trovò davanti alla carcassa di un piccione putrefatto da esaminare rimase allibita.
Sbiancò improvvisamente, lanciò uno sguardo carico d'odio verso Fosco e riprese a fissare con insistenza la finestra aperta che dava sul cortile.
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