Reeh aprì gli occhi ma non sorrise. Girò lo sguardo attorno come se non capisse dove si trovava, balbettò qualcosa di indistinto. Il medico rise e gli fece passare una mano tra i capelli.
- Ci hai fatto prendere un bello spavento!
Stavolta Reeh sorrise. Poi alzò una mano e se la guardò con curiosità. Infine si mise a sedere. Il medico premette un bottone e il gas della barella cominciò a disperdersi. Reeh finì su pavimento. L'astronauta rise.
Anthinea si sentì correre un brivido lungo la schiena.
Presto il medico e i pochi curiosi che erano riusciti a entrare se ne andarono. Solo l'imperatrice rimase, appoggiata alla guardia che l'aveva accompagnata; sedette su una poltrona e pregò la guardia di andare via. L'uomo ubbidì.
Appena rimasero soli, Reeh tornò serio. Provò a muovere alcuni passi, ma dovette sostenersi per non cadere. Poi, pian piano, sembrò ricuperare le sue facoltà. Una fitta dolorosa serpeggiò nel cervello dell'imperatrice e un lampo di stupore negli occhi di Reeh. Anthinea osservò l'uomo con un'espressione molto simile al terrore. Infine Reeh mosse le labbra e lanciò un piccolo grido; poi sorrise e parlò. La sua voce suonò stranamente chiara, limpida, senza cadenze né inflessioni. Una voce senza emozione. Pareva provenire da un mondo privo di suoni.
- Tu sei Anthinea LXII, imperatrice di Atlantide e questo è l'anno 3258 dell'era degli Anthin?
La vecchia assentì. Fissò il suo sguardo acuto e luminoso negli occhi di Reeh, e capì che Reeh non c'era più.
- Tu chi sei, straniero? Da dove vieni, che vuoi da noi?
Reeh rimase silenzioso, poi si decise.
- Il mio nome non è fatto per essere pronunciato. Se vuoi, puoi chiamarmi Mafaus, tanto per capirci. Da dove vengo non saprei spiegartelo perché anch'io ho le idee piuttosto confuse su questo punto. Però vengo certamente da un altro mondo. Che cosa voglio da voi, è semplice: che moriate.
Anthinea si chinò verso colui che si faceva chiamare Mafaus. L'uomo che era stato Reeh ora parlava freddamente di morte. Di dar morte a tutto il pianeta!
Anthinea si mantenne calma.
- Mafaus, perché dovremmo morire?
Reeh si passò una mano sui capelli. Sembrò così umano, quel gesto. Ma si trattava solo d'un riflesso involontario di quel corpo, ormai ospitante una mente del tutto estranea.
- Neanche a questo so rispondere con precisione, imperatrice! So solo che sono venuto per farvi morire. Se non morite voi, moriranno i miei simili. E' una legge universale, questa. Spero che la capirai!
- Posso capirla, Mafaus. Solo, non immagino come noi si possa essere un tale pericolo per i tuoi simili. Noi non facciamo guerre, e il messaggio che ci accingiamo a portare nello spazio è esclusivamente un messaggio di pace.
Reeh scosse il capo.
- Non credo che tu possa capire. Nessuno lo potrebbe. Siete ancora troppo arretrati. Voi usate energie della Natura senza neppure pensare alle conseguenze che questo può avere nell'Universo.
Anthinea LXII si eresse, radunando tutte le sue forze.
- Straniero, ci insulti senza conoscerci. Vieni qui a parlare di morte e io ti sto ad ascoltare perché mi hanno insegnato che è diritto di tutti esporre liberamente le proprie idee. Però tu minacci, e io posso farti annient...
Anthinea LXII cadde pesantemente al suolo. Era morta prima di finire la frase. Reeh, impassibile, uscì dalla sala.
VII.
Sul monte Ulmer l'astroporto era inondato dalla luce di grossi globi fluorescenti. Tutto il continente era stato di nuovo collegato televisivamente con l'astroporto. L'evento più importante da quando il primo animale era uscito dall'acqua per respirare aria, stava per compiersi nel misterioso disegno della Vita: l'uomo abbandonava il Pianeta, l'uomo si accingeva a valicare gli abissi dello spazio.
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