Nell'altissima, metallica reggia degli Anthin, si festeggiava la riuscita del lancio del Luhnic.
Invitati d'onore, tre uomini: Reeh, Alstoh e Brenh. I tre che avrebbero assai presto affrontato lo spazio; i tre uomini che le macchine selezionatrici avevano ritenuto più idonei alla grande avventura.
I redattori dei giornali visivi, murali e teletici assediavano i futuri astronauti.
Tutti potevano avere accesso alla reggia. Tutti coloro che fossero riusciti a farsi largo nella calca della folla che riempiva il piazzale antistante. D'altra parte la festa dilagava dalla reggia per tutte le strade e le case di Sylva. Gli ultimi aerobus vomitavano sui lungomare e sulle terrazze dei palazzi del centro vere e proprie fiumane di curiosi, desiderosi di partecipare alla festa.
Anthinea LXII, assisa su di uno scranno di plastica azzurra, portava sulla fronte i simboli dell'Impero: un triangolo d'oro in campo celeste.
La vecchia imperatrice fece vagare il suo sguardo sulla fuga di saloni che si dipartivano a raggiera dalla sala del trono, tutti pieni di gente di ogni età, che si abbandonava alla più schietta allegria. Tra loro c'erano anche i tre uomini che avrebbero per primi sfidato lo spazio. Li cercò con lo sguardo, e il tumultuoso cerchio di giornalisti che li circondava le facilitò le ricerche.
D'un tratto però il cerchio si ruppe, ondeggiò, si riformò, mentre il vocio andava crescendo.
Anthinea si alzò in piedi con evidente sforzo. Qualcuno portava a braccia un uomo, svenuto, fuori dalla calca. Quell'uomo era Reeh!
Anthinea pregò una guardia d'onore di sorreggerla e si diresse verso la sala medica in cui Reeh era stato trasportato.
La festa proseguì, come se nulla fosse accaduto. Milioni di Atlantidi brindarono alla loro civiltà imperitura. Avevano abolito le guerre, le diversità sociali di ogni genere, il denaro. Anthinea, l'imperatrice, era esattamente uguale a qualsiasi cittadino, e ognuno poteva parlarle come se si fosse trattato di una qualsiasi vicina di casa. Le cariche erano puramente onorifiche e lo Stato si reggeva con la democrazia diretta, resa possibile dalle meravigliose macchine selezionatrici e dalle calcolatrici elettroniche che erano in grado di sondare l'opinione pubblica per la decisione di qualsiasi problema. Ogni atlantide era quindi deputato di se stesso, in un parlamento grande come la Nazione.
Erano ben degni di balzare nello spazio. Cosa potevano temere?
Il pianeta Terrah avrebbe girato intorno a Shol ancora per miliardi di anni e quando il gelo e il fuoco l'avrebbero ucciso, gli Atlantidi sarebbero stati ormai padroni dell'intera Galassia, forse di tutto l'Universo.
E gli Atlantidi, popolo felice, brindarono e brindarono per tutta la notte.
L'alba sorprese Sylva ancora piena di risa e di canti.
Le macchine selezionatrici tacevano e avrebbero invece dovuto trasmettere parole di morte. Di una morte minacciata da un nemico irraggiungibile, invincibile, che lottava per la propria sopravvivenza. Ma le macchine tacquero perché nessuno poté ricevere le parole di Reeh.
Anthinea LXII seguì subito il futuro astronauta, inspiegabilmente svenuto. Per tutto il giorno l'imperatrice aveva avuto strani presagi che la sua mente razionalissima aveva respinto in fondo al cuore.
Reeh stava sdraiato su una barella di gas compresso. Il suo corpo si trovava così nel riposo assoluto. Un medico osservò l'astronauta e sorrise:
- Non è nulla. Probabilmente si è stancato di rispondere a tutte le domande dei giornalisti! Vero, Reeh?
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