Per questo, un anziano imponente per statura e portamento, si avvicinò ad Anthinea LXII.
- Anthinea, quello che si poteva vedere, l'abbiamo visto. Ora non resta che incollarci
al radiotelescopi e ascoltare. Ti terremo informata, naturalmente, ma adesso ti conviene rientrare a Sylva.
Anthinea si scosse e sorrise un po' al vegliardo. L'imperatrice era forse anche più anziana del suo interlocutore, ma dai suoi occhi azzurri si sprigionava una luce fulgida di vivacità e intelligenza.
Aiutata dal pilota dell'elicottero, Anthinea si alzò.
- Hai ragione, Clitoh. E inoltre quest'aria cosi ricca di ossigeno non si confà più ai miei polmoni... - L'imperatrice mosse alcuni passi, poi si voltò verso il vecchio. - Clitoh - disse - grazie!
Il vecchio arrossì come un bambino. Anthinea sorrise ancora.
- Grazie in nome dei popoli di Atlantide. Tu oggi li hai tolti dalla schiavitù di Terrah!
Lo scienziato arrossì ancora di più e chinò il capo, con reverenza.
- Gloria a te, Imperatrice! Poiché sotto il tuo Impero, Iddio ha concesso che l'uomo cominciasse a scuotere le sue catene.
Anthinea salutò con un cenno della testa, poi si volse al suo pilota:
- Andiamo Than, aiutami!
- Appoggiati a me, Imperatrice.
La coppia usci dalla casamatta. Poco dopo il radiotelescopio cominciò a captare i segnali del missile. Tutto funzionava alla perfezione, solo la velocità era leggermente in eccesso.
Dal ventre del Luhnic miliardi e miliardi di atomi cedevano la loro spaventosa energia e fornivano al veicolo spaziale la spinta necessaria.
Nel buio dello spazio, il missile continuava a lanciare i suoi segnali. Su tutta la superficie di Atlantide gli abitanti seguivano la sua corsa con la stessa ansia che se fossero stati a bordo.
Dopo trentasei ore il missile aveva raggiunto la velocità di fuga. Clitoh si accorse subito che qualcosa non andava. L'oggetto sfuggiva alla gravità terrestre, ma non sarebbe stato catturato da Luhna: la sua velocità era eccessiva.
Nervosamente impostò i dati del calcolatore elettronico e i risultati gli diedero ragione. Il missile sarebbe passato a seimila chilometri da Luhna e poi avrebbe continuato la sua corsa attraverso il Sistema solare. Nonostante il piccolo errore, questa non era una sconfitta: in fondo l'obiettivo principale era stato pienamente raggiunto, e adesso il Luhnic non sarebbe mai più tornato su Terrah. Quasi impossibile calcolare la deviazione datagli da Luhna, comunque il missile si sarebbe, prima o poi, messo in un'orbita ellittica intorno a Shol; oppure sarebbe precipitato sull'astro in una vorticosa spirale.
Clitoh si alzò. Indubbiamente il mondo conosceva ormai l'esito dell'impresa: centinaia di scienziati avevano certamente fatto gli stessi suoi calcoli ed erano giunti alle stesse conclusioni.
Si avvicinò alla grande vetrata e guardò in alto. Shol splendeva ancora nel cielo, prossimo al tramonto. Tra poco sarebbe sorta Luhna. L'armonia affascinava Clitoh. Ora l'uomo avrebbe dovuto sapersi inserire in quella musica senza scompigliare nulla. Ma l'uomo era pronto. La grande astronave era già nei cantieri. L'immenso motore atomico sarebbe presto entrato in azione e l'uomo avrebbe volato tra gli astri.
Un'idea strana affiorò nella mente del vecchio. I corpi celesti si muovono in base alle loro leggi, notissime nei loro effetti ma assolutamente oscure nelle loro cause. L'uomo stesso avrebbe cominciato a muoversi egli pure con gli stessi effetti, ma l'origine della sua forza poggiava su basi totalmente estranee all'armonia dei cieli. L'uomo sarebbe passato con la forza. L'uomo avrebbe infranto le barriere gravitazionali, le sue parabole sarebbero state artificiali, obbligate.
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