Passò il mattino e anche il pomeriggio e nessuno venne alla canonica; nel pomeriggio inoltrato il reverendo spalancò le finestre e lasciò che l'aria entrasse nelle stanze. Non era l'aria della Terra. Altux ricordò le giornate d'estate, con quei temporali improvvisi e l'acqua che dal cielo scendeva verso il terreno lo impregnava e diventava fango. Poi, d'un tratto, le nubi si squarciavano e il sole filtrava e si specchiava nelle pozzanghere.

Su Marte l'aria era secca e non pioveva mai, anche dopo la Colonizzazione.

Chiuse le finestre perché entrava il freddo e aspettò la sera sul vecchio dondolo, incerto fra la malinconia e la speranza. Quando venne buio scese le scale e uscì sul porticato.

Nella piazza era radunato tutto il villaggio.

Non mancava nessuno: c'erano i giovani, i malati, i vecchi, che erano vecchi per modo di dire perché su Marte nessuno aveva più di sessant'anni.

Tutti quegli occhi lo fissavano, in silenzio. Il reverendo provò un nodo alla gola e li guardò e vide che il primo era il dottore. Si scambiarono un'occhiata piena di riconoscenza, come due vecchi amici che finalmente si incontrano dopo tanto tempo.

Il sacerdote li osservò tutti, ad uno ad uno, e si accorse che era inutile parlare. Scese dalla veranda e si mise alla testa del gruppo. Estrasse una corona e iniziò a pregare e le voci lo seguirono, dapprima un po' per volta poi tutte insieme, sommessamente.

Altux camminava, sentiva che la preghiera lo sospingeva ed era come se quel mormorio creasse un campo di forza intorno a loro. Un'aura di fede, pensò il sacerdote, e sorrise perché già questo gli sembrava sorprendente, giacché ricordava quanta stanchezza ci fosse nelle loro e nelle sue preghiere anche soltanto nei giorni precedenti.

Così Altux cominciò a cantare, e ascoltò che tutti cantavano con lui. Prese le mani di coloro che gli stavano dietro e ciascuno lo imitò; avverti il tepore dei corpi, le anime di quelle persone che fluivano in lui e lo confortavano, gli scaldavano il cuore, lo facevano sentire grande, e non più solo. Il reverendo alzò gli occhi al cielo e vide che alcune stelle parevano muoversi, e tutti lo notarono e la loro canzone per un attimo parve incespicare, ma poi si fece più alta, e sicura.

Ad un tratto si udì la sottile musica che veniva dal nulla, come se un vecchio pianino li seguisse lontano fra le dune, cantando la loro stessa canzone.

- La sente? - mormorò il dottore.

Si alzò il vento, e il reverendo strinse forte le mani nelle mani degli altri. Il vento iniziò a gridare e a ruggire, sollevò la sabbia e prese a sferzare gli uomini.

Poi si cominciò a vederla, in mezzo alla tempesta, al principio come un chiarore, che in pochi secondi nascose le stelle. Ora la luce troneggiava, un grande cerchio che rischiarava i volti, e la musica si spense e i devoti guardavano in alto e non cantavano più.

L'anello rimase sopra i macigni e le colline di sabbia, nel silenzio innaturale. Dal suo centro partirono due raggi, i quali avvolsero gli uomini. I raggi si espansero sopra tutto il cielo, come pareti si chiusero e divennero una cupola d'oro.

Sparì d'improvviso, così com'era venuta. Altux si ritrovò stordito, a bocca socchiusa, guardando verso l'alto; ammiccò, abbassò gli occhi, se li stropicciò; guardò le mani sudate e sporche di polvere e poi vide gli altri uomini. Non parlavano, si guardavano stupefatti. Fu dopo qualche attimo che iniziarono ad abbracciarsi tutti, come se si conoscessero veramente per la prima volta, come se fossero tutti fratelli, da troppo tempo lontani.