- Io posso dirle solo di pregare, nient'altro.
- Lei ha pregato, reverendo?
Altux esitò. - Sì, ho pregato - disse.
Il medico guardò la Via Crucis disegnata dai bambini sulla parete: - Sono morti lo stesso.
- Forse non abbiamo pregato abbastanza.
Kowalsky salutò, mestamente. Si sentirono i passi echeggiare e la porta si richiuse con il solito cigolio.
Era stato bravo, pensò Altux, era riuscito a far credere di possedere ancora una fede incrollabile. Guardò il Crocefisso e si sentì solo.
Prese la testa fra le mani, chiuse gli occhi e cercò un contatto con l'Altra realtà.
Poi si addormentò sulla panca di legno.
Si svegliò molto tardi, quando era già buio: doveva aver dormito più di dieci ore. Rimase spaventato all'idea di non aver detto la messa; immaginò i fedeli che erano entrati nella cappellina e l'avevano visto dormire sulla panca, e non avevano voluto disturbarlo.
Indossava ancora il soprabito scuro e il cappello era caduto sui mattoni rossi.
Sedette, si massaggiò gli occhi e pensò che non sarebbe stato uno scandalo se anche i suoi parrocchiani lo avessero visto così. Fece una genuflessione ed uscì.
Le case del villaggio erano illuminate dalle due lune di Marte, lungo i viottoli non camminava anima viva, c'erano soltanto le ombre, la sabbia portata dalla gelida brezza e i rumori vaghi delle case. Altux si imbacuccò per bene e si avviò a passo sicuro verso il deserto. Vestito com'era, la serata appariva tiepida; cominciò a canticchiare un motivetto imparato da bambino sulla Terra, canzone di un'estate lontana.
Camminò per quasi un'ora guardando le dune argentee e le stelle che sopra il deserto brulicavano, le stesse della vecchia Terra e qualcosa in più, perché l'atmosfera di Marte era rarefatta, e limpida.
Si fermò quando gli parve di avvertire un odore, una fragranza particolare nell'aria fra le dune. Poi, improvvisamente, udì bisbigliare una musica e allora ascoltò con attenzione ed estrema curiosità, fissando davanti a sé le argentee colline di sabbia senza vederle.
Era il motivo che stava canticchiando: solo che, stavolta, non era lui a improvvisare. Provò un brivido di freddo e il cuore gli batté forte.
Avrebbe voluto correre a gambe levate ma la musica sembrava dissuaderlo dolcemente, una musica che pareva sussurrata da un vecchio grammofono.
Il reverendo si accorse di sudare. Guardò attorno ancora una volta: vide solo sabbia, dune e stelle e le ombre del suo corpo, proiettate da Phobos e Deimos. Come sempre.
Eppure qualcosa stava accadendo. Gli parve di udire di nuovo il motivetto e d'istinto si voltò, ma dietro di lui non c'era nulla, neppure le luci fievoli delle case, perché aveva camminato molto e il paesino era finito dietro l'orizzonte e i suoi lumi erano tramontati come piccole stelle.
Il reverendo sedette nel deserto. Non aveva mai creduto a certe storie che si sussurravano in paese, racconti di marziani estinti e di fantasmi... Altux pensava fossero superstizioni. Ma non per questo le combatteva: la verità, pensava, se era tale non aveva bisogno di venire difesa.
Chiuse gli occhi e prese a mormorare una preghiera; fu allora che sentì ancora il grammofono, nell'oscurità profonda della sua mente. Infilò la mano nella tasca e strinse la coranica del rosario. Ritrovò il coraggio. Si rialzò e si inoltrò nella notte, seguendo il sussurro fino a quando il bisbiglio si estinse e il deserto sprofondò in un silenzio che sembrava portar fuori dalla realtà; ora c'era soltanto il mormorio delle sue preghiere e il suo respiro, e Altux pensò che solamente la sabbia e le stelle lo udivano.
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