E' solo il caso di chiarire, forse, un dettaglio "tecnico". Il pianeta Marte descritto da Aresi ovviamente non esiste: sappiamo bene che quell'atmosfera non è respirabile per un essere umano, né nessuno di noi potrebbe sopravvivere sulla sua superficie senza adeguate difese. Come mai allora, si chiederà qualcuno giustamente, nel 1982 Aresi, che ben sapeva, ha usato una raffigurazione di Marte "falsa", accettabile magari per le Cronache Marziane di Bradbury (anni Cinquanta) o per storie antecedenti, insomma quando era ancora ipotizzabile l'abitabilità del pianeta?
La risposta è semplice e complessa al contempo: in fondo, per decenni Marte è stato un panorama della mente più che un luogo realistico; un'icona forte, quasi indelebile. Molti autori, anche dopo che ben si conoscevano le caratteristiche assolutamente inospitali di quel mondo, hanno continuato a immaginarlo e descriverlo abitabile: come quando si stenta a dover rinunciare a un vecchio sogno. Ma questo, alla fine, ha una reale importanza? Direi di no: al più, sposta la storia di Aresi sul versante di una fantascienza in buona percentuale fantastico. Importante invece, a mio parere, è che il racconto in sé regga e raggiunga il suo scopo.
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