
Nel 1982 provai a scrivere numerosi racconti uniti da un filo conduttore: uno di questi è appunto Il dio di Marte, che potete leggere qui. L'insieme della storie formò un romanzo, Cronache della Rinascita, che è rimasto inedito. Ma fu un'esperienza importante, perché per la prima volta avvertii una partecipazione profonda alle mie storie. Avevo trovato la chiave, potevo - al limite - perfino piangere o ridere mentre scrivevo: la pagina mi sembrava vivere per suo conto."
Da quanto sopra si può intuire che Paolo Aresi sia uno di quegli autori, sempre più rari, che sperimentano l'emozione della scrittura; atteggiamento che - unito alla solida conoscenza dei canoni e delle strutture narrative - è, a mio avviso, sempre sinonimo leggibilità (come minimo). Dunque, Il dio di Marte risale al 1982. Mi ha spinto a sceglierlo, oltre al voler mostrare un esempio di fanta-scrittura dei trascorsi decenni (che poi è lo scopo essenziale di questa rubrica), anche l'attinenza del tema con un recentissimo "speciale" apparso sullo scorso numero di Delos: in particolare, l'argomento (un po' "scottante", pare) alieni/religione. Da questo punto di vista la storia di Aresi, nonostante la sua aria di semplicità, di ordinarietà, quasi di banalità, alla fine risulta fortemente provocatoria (come si diceva un tempo). Quanto al tema di fondo del racconto, a me sembra un po' il capovolgimento di quello utilizzato dallo scrittore statunitense Lester Del Rey in un suo celeberrimo racconto, Perché sono un popolo geloso (For I am a Jealous People, 1954).Qui c'era una guerra contro alieni mostruosi, che tuttavia adoravano anch'essi la Croce; alla fine Iddio, irato per il comportamento dei Terrestri, ritirava la sua protezione al genere umano - frutto dell'antico Patto - e la trasferiva agli alieni: a quel punto l'eroe della vicenda, un religioso, decideva che la guerra doveva continuare egualmente, e che stavolta Dio si era scelto un avversario della sua stessa misura ("una versione notevolmente spinta dell'orgoglio umano", commentava Kingsley Amis nel suo famoso saggio Nuove mappe dell'Inferno, 1960, Bompiani 1962).
Nella storia di Aresi non vi sono guerre (tranne forse una, sulla lontana Terra); e il nucleo della narrazione ruota intorno al patetico e striminzito gruppo di coloni terrestri rimasti soli su Marte, in pratica abbandonati a se stessi e decimati da una misteriosa malattia. Non vado oltre, il lettore scoprirà il resto da sé.
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