- Allontanate l'imputato dall'aula! - disse.

- Tutto questo non durerà a lungo! Verranno a prendervi prima o poi! Questa è la Bios e voi non potete...

Poi il comandante pensò agli uomini rovesciati, dentro le vasche rosa e si convinse che stavano facendo la cosa giusta.

Se le forze governative stavano arrivando non c'era molto tempo.

- Voglio vederli - disse Silvia.

- Non credo... - tentò di dire Carletto.

- Devo vederli -.

Carletto si alzò. Si sentiva calmo e stanco. Più stanco che calmo. Silvia lo seguì.

Oltre il portone gli uomini di guardia salutarono Carletto.

- Andiamo di sotto - disse Carletto.

- Fai un po' come ti pare - disse uno dei soldati che fumava seduto su una scrivania ribaltata. L'altro si guardava gli scarponi. Avevano delle brutte facce. Ma non erano nati così, era per quello che avevano visto.

Carletto e Silvia entrarono nell'ascensore e scesero. La prima volta che era sceso, la mattina dell'assalto, c'era perfino musica classica in sottofondo. Il comandante aveva detto che era Mozart.

Quando si aprirono le porte videro i cunicoli illuminati a giorno e disposti a raggiera. Erano interamente rivestiti di gomma, azzurra su pareti e soffitto, bianca per terra. Era tutto sporco, per il via vai dei soldati. C'erano tutte quelle impronte di scarponi e terra, erba e aghi d'abeti.

I cunicoli avevano i nomi delle mele. Era stato il comandante a scoprirlo. Da destra verso sinistra: Delicious, Limoncello, Golden, Renette. C'erano anche dei nomi in dialetto: Rùden, Roséta, Canelà.

Presero il cunicolo Canelà. Carletto affrettò il passo, se era da fare era da far presto.

Entrarono nell'acquario. A Carletto pareva un acquario d'acqua rosa, le vasche in fila a destra e a sinistra. Le prime erano vuote. Poi li videro.

- No oh no - disse Silvia.

- Questo è la Bios Corporation

- Sono... sono mostri ...

- Siamo noi. - disse Carletto.

Nella vasca c'era il mostro immobile. Era un uomo senza derma. Non aveva la pelle, non aveva strati sottocutanei. Gli mancava buona parte della muscolatura vasta. C'erano solo i muscoli più lunghi attaccati al bianco delle ossa.

- Sto per vomitare - disse Silvia.

Si vedevano le ossa del cranio, le clavicole e poi giù lo sterno e la gabbia toracica e...

- Si muovono, oh no si muovono - disse Silvia indietreggiando dalla vasca. - Sto per vomitare.

Dentro la gabbia toracica c'erano gli organi. Il cuore viola pulsava al centro. Attorno, come cuscini di gommapiuma, i polmoni. Sotto si poteva intuire lo stomaco, il fegato e il pancreas. Poi l'intestino. Tutto che andava su e giù con il cuore e il respiro.

- Sono... sono vivi? - mormorò Silvia.

C'erano vene e arterie, rosse e blu e nere, aggrappate come ragni agli organi. Carletto non sapeva dare un nome a tutte le cose che vedeva.

- Sono vivi. Sono più di seicento - disse Carletto.

- E' mostruoso - disse Silvia. - Pazzo maledetto pazzo l'ammazzo con le mie mani quel maledetto pazzo!

- Non è stato solo lui.

- Maledetto! - continuava Silvia.

Poi il mostro si mosse. Alzò la testa e li guardò con le pupille piccole in mezzo al rosso e al bianco della sua faccia senza pelle. Alzò una mano scheletrica con dei muscoli sottili attaccati alle ossa incrociate del braccio.

- Ci chiama - disse Silvia.

- Non credo...

- Ci chiama! - disse Silvia indietreggiando piano. Poi si voltò e corse via, lungo il corridoio di gomma. Carletto la raggiunse solo all'ascensore.

- Come uh... come uh... fanno a respirare dentro quel liquido rosa? - chiese Silvia.