
Non avevamo terminato di vedere "tutto", sia chiaro. Fu Aurelio. Il quale di botto, guardando l'orologio, si rese conto che erano le diciannove, e alle diciannove e trenta (disse con aria scarmigliata) aveva un appuntamento irrinunciabile con l'avvocato.
Di colpo, la scena cambiò. Alcuni volumi furono frettolosamente rimessi a posto, Aurelio corse a darsi una rinfrescata, io trovai il tempo di crollare cinque minuti su una sedia. Poi Aurelio si riaffacciò, fresco come una rosa, elegante e con un cappello in testa, mentre con un tono a metà tra lo scherzoso e il polemico mi disse che a causa mia quasi stava saltando l'appuntamento (vitale, sembrava che fosse) con il benedetto avvocato.
Finalmente fummo fuori. All'aria aperta.
Ci salutammo pochi passi più avanti. Ormai era sera inoltrata. Io mi accorgevo di barcollare un po', in verità.
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