Aurelio era anzitutto un appassionatissimo della sua collezione; inoltre era una di quelle persone che, una volta lanciate in un discorso, non è facile fermare. Si alzò, e incominciammo una ricognizione (che doveva essere veloce) della sua biblioteca, la cui enorme estensione cominciai a percepire solo gradualmente. Dal canto mio ero felicissimo.
Ora, si farebbe prima a dire cosa Aurelio De Grassi non avesse, piuttosto che elencare i libri che possedeva e tutto il resto. La fantascienza edita a metà anni Settanta era una porzione minima di quella edita finora; e nonostante ciò, durava "ufficialmente" da più di vent'anni, che erano stati sufficienti a coprire praticamente l'intera muratura (o quasi) del suo appartamento. De Grassi possedeva, semplicemente - o almeno così mi parve al momento - tutti i titoli di tutte le collane di tutti i tempi. Ovviamente non era proprio così alla lettera, e tuttavia lì c'era anche roba antecedente al fatidico 1952, l'anno che aveva segnato l'avvento della fantascienza in Italia con le riviste Scienza Fantastica e Urania. Aurelio De Grassi aveva anche le fanzine: non so se fossero anche quelle "tutte le fanzine mai uscite", ma ce n'erano assai, davvero. Alcuni volumi della collana Cosmo (Ponzoni) erano rilegati con copertina rigida e una strana carta a fiorellini: me ne donò uno, era un grosso Cosmo contenente un celebre romanzo di Heinlein, Stella doppia. Intascai veloce, con sfrenato godimento. Ma la cosa, ovvio, non si esauriva qui. De Grassi, per esempio, possedeva lettere: missive originali dei massimi autori americani, dirette ad altri grossi autori, a riviste, a fan. Copie di mitiche riviste statunitensi autografate. Copie dei dattiloscritti di celebri romanzi di Asimov, firmate dall'autore e con alcuni appunti del medesimo, scritti a mano. Dozzine, centinaia di cimeli del genere. Eppoi: c'erano i disegni. Tavole di Mario Galli, che era stato un disegnatore in bianconero, da me amatissimo, delle pagine interne di Urania. Disegni di altri artisti che in Urania per un certo periodo di tempo avevano pubblicato vignette umoristiche, per esempio Sangio. Tavole delle copertine: a parte alcune dell'immortale Caesar, ciò che maggiormente mi colpirono furono i disegni originali di Carlo Jacono. Jacono a me non era mai piaciuto, su Urania: l'avevo sempre considerato un autore di ripiego, che andava bene per i "gialli" ma che era semplicemente il migliore tra i pessimi artisti che Urania aveva sperimentato dopo la morte di Caesar. Ebbene, dovetti ricredermi: in grandezza naturale (che era almeno il quadruplo delle copertine), alcune opere di Jacono erano di un fulgore che lasciava abbagliati. Io stesso guardavo gli originali di copertine che ben conoscevo ma avevo giudicato mediocri, mediocrissime, e mi accorgevo che come per un tocco fatato erano divenuti (ma lo erano già) capolavori autentici. Insomma, era chiaro che Jacono soffriva moltissimo il rimpicciolimento delle sue opere; mi chiesi perché non le disegnasse già piccole, mi fu detto che non era possibile per una serie di motivi tecnici.
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