Eravamo ai primi anni Settanta, ed ogni tanto io partivo da Bari per Milano, su istruzioni della Banca. Colloqui di lavoro. Una sfacchinata, che però mi consentiva (se riuscivo ad attaccarvi un giorno di ferie) di andare a trovare un amico, o anche di conoscere qualcuno dei nomi letti da anni sulle riviste di fantascienza, ma che non avevo mai visto di persona. Quella volta (credo di aver ricostruito la data: marzo 1973) avevo un appuntamento con un personaggio che tutti mi avevano descritto come imperdibile: Aurelio De Grassi.
Abitava anche lontanuccio dal centro, mi pare di ricordare fosse via Nikolajewska o qualcosa del genere. Comunque mi alzai di buon'ora e mi sorbii quasi un'oretta fra metropolitana e mezzi di superficie; alla fine mi ritrovai dinanzi alla porta di casa sua. Bussai.
Mi venne ad aprire di persona. Ci presentammo, mi fece entrare, poi si ridistese su un letto a una piazza. Mi disse che quel giorno non andava al lavoro (non capii bene di quale lavoro si trattasse) perché non stava tanto bene. In mano aveva un volume di Galassia della gestione Curtoni-Montanari, un romanzo di George Dick Lauder che io non avevo letto, Il nostro uomo per Ganimede; secondo lui era molto interessante. Per un po' restammo così, a parlare praticamente di nulla.
De Grassi era una persona che giudicai sui quaranta, calvo, il resto dei capelli molto corti e di un grigio che era quasi bianco. L'accento della sua parlata mi parve difficilmente qualificabile, comunque non mi sembrò settentrionale. Sapevo, per sentito dire, che possedeva una collezione di libri di fantascienza assolutamente favolosa; che incarnava in sostanza il Forrest J. Ackerman italiano. Era il motivo principale della mia presenza in quel luogo. Fra l'altro ero stato uno degli acquirenti di un insolito volume, da lui curato nel 1972: Il Subbio. Arte e letteratura Sf (Edizioni Il Subbio), di grande formato, contenente una prefazione dello stesso De Grassi e alcuni brevi saggi, una dozzina di racconti di fantascienza, fotografie degli autori, illustrazioni; la seconda parte era dedicata a riproduzioni di opere d'arte di una cinquantina di artisti, e i soggetti spesso erano fantastici o fantascientifici. Tra gli autori dei racconti c'erano nomi noti e altri sconosciutissimi: tra i primi Fabio Pagan, lo stesso De Grassi, Gustavo Gasparini, Lino Aldani (che lì presentava Scacco doppio), Adalberto Cersosimo, Gianni Montanari, Gilda Musa, Inìsero Cremaschi, Renato Pestriniero, Carla Parsi Bastogi (pioniera della sf italiana); tra i secondi (alcuni poi avrebbero acquisito una certa fama) Michele Alemanno, Domenico Colella, Mauro Brambilla, Roberto Garbarino, Luciano Nardelli, Raimondo Vittoriano, Franco Tamagni. Tra i pittori e disegnatori leggevo alcuni nomi noti dell'ambiente artistico italiano, in primis Remo Brindisi. Questo della pittura non è il mio campo, tuttavia mi pareva che gli autori oscillassero tra espressionismo, pittura informale, surrealismo. C'erano anche opere di artisti ben conosciuti dagli appassionati di fantascienza: Allison, Carlo Jacono, Alessandri; altri lo sarebbero stati negli anni a venire, perché poi alcune di quelle firme apparvero sulle copertine di Galassia (mi riferisco ad Attilio Uzzo, Mac Mazzieri, Antonio Atza, Leonardo Caposiena, Alberto Cavallari, Ludovico de Luigi, Giovanni Duiz, il Gruppo Ajña).
Parlammo quindi anzitutto di Il Subbio; da lì il discorso si allargò, e a un certo punto Aurelio prese a dirmi di alcuni suoi progetti, e della sua collezione.
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