Ma contrariamente a quanto ormai ero arrivato a credere, le teorie del vecchio si rivelarono esatte.
Vedevamo sullo schermo al plasma le fisionomie degli spettatori contorcersi in una danza primitiva, e sentivamo un canto distorto fuoriuscire da milioni di bocche. Sembravano tutti felici, estremamente felici, di una felicità appagante, fisica e mentale al tempo stesso.
- Deve essere bellissimo - urlò Grotowsky.
Uscì di casa come una furia, correndo sul selciato. Sapevo dove si stava dirigendo; quel party non se lo sarebbe perso per nulla al mondo, lui il technosciamano che aveva reso possibile quell'incredibile concentrato di energia esoterica e tecnologia avanzata.
Andammo avanti a suonare per due ore, dandoci il cambio, bevendo di tanto in tanto qualche bibita o una birra, fumandoci una cicca e guardando le immagini che provenivano dallo Zocalo.
Smettemmo al tramonto.
Eppure qualcosa non quadrava.
La gente continuava a danzare e a cantare. Sudati, contorti, ma ancora felici. Occhi vuoti, vitrei che le telecamere stavano immortalando.
Pensammo ad una sorta di effetto delay.
- Forse smetteranno tra poco.
Ma il poco invocato da Django divenne un'altra ora, e poi un'altra. E poi le ore divennero cinque, sei, sette.
La diretta fiume immortalava questi corpi svuotati di vita che ballavano nello Zocalo, in un turbinio di colori sgargianti, processioni di arcobaleni sintetici.
- Gesù - dissi, sconvolto - dobbiamo andarcene.
Scappammo da quella casa, senza preoccuparci di smontare l'attrezzatura. Prendemmo solo bagagli e documenti e poi imboccammo la porta di casa, diretti all'aeroporto.
Non riuscivamo a credere che il nostro soggiorno si fosse trasformato in quella tragica avventura.
Ripensai parecchie volte al vecchio. Alle sue strampalate teorie, ai suoi lineamenti da Burroughs dell'era digitale, e lo immaginai avvinghiato al carnaio danzante da lui stesso generato.
Quel folle sciamano che ha condannato milioni di persone ad una danza eterna e che forse ancora adesso sta ballando al centro dello Zocalo.
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