Teologia cristiana e Intelligenze Extraterrestri: alcune piste di comprensione

Affrontare il tema della possibilità di una vita intelligente di origine extraterrestre, al di fuori cioE' di quell'esperienza di unità del genere umano comune a tutto il messaggio biblico, riteniamo rappresenti per la teologia cristiana uno dei maggiori sforzi speculativi in senso assoluto. Non deve pertanto sorprendere che molti interrogativi saranno forse destinati a restare aperti. L'unica analogia disponibile E' lo studio del rapporto fra il cristianesimo e le altre religioni della terra, disciplina relativamente giovane, di importanza crescente in un'epoca di globalizzazione. Lo studio di questo rapporto fornisce senza dubbio delle direttrici utili al nostro problema, come l'universalità salvifica dell'Incarnazione del Verbo, la singolarità dell'unione ipostatica, la necessità di non separare la ricchezza (e in qualche modo l'imprevedibilità) dell'azione creatrice e salvifica dello Spirito Santo dalla missione e dal ruolo del Figlio, cui lo Spirito deve necessariamente condurre. Il rapporto con le religioni viene allora solitamente inquadrato, non senza un comprensibile sforzo, in ciò che la teologia chiama "cristocentrismo inclusivista", il tentativo cioE' di rileggere implicitamente le altre religioni alla luce del mistero di Cristo (può vedersi al riguardo il documento della CTI, Il cristianesimo e le religioni, "La Civiltà Cattolica" 148 (1997), I, pp. 146-183). Si tratta però di una prima approssimazione, in quanto il tema della vita nel cosmo scavalcherebbe l'unità del genere umano, creato e redento in Cristo, ponendo un problema del tutto nuovo rispetto a quello, ad esempio, della scoperta degli indiani d'America, per i quali Paolo III (1534-1549) non ebbe difficoltà a riconoscere l'appartenenza alla discendenza di Adamo (cfr. DH 1495). Non resta pertanto che avvicinarsi al problema per gradi.

Un primo punto fermo E' che non vi sono, né da parte degli insegnamenti del magistero della Chiesa, né da parte della riflessione teologica, argomenti pregiudiziali che impediscano di ammettere tale possibilità. La volontà onnipotente e la libertà insondabile di Dio Creatore continuano a essere un valido argomento in proposito, così come il riconoscimento del valore intrinseco della vita, in special modo della dignità della vita intelligente, ovunque essa si manifesti, partecipazione e riflesso di quella Vita con maiuscola che i credenti sanno risiedere in Dio stesso. A ciò andrebbe aggiunto quanto la tradizione ebraico-cristiana professa circa l'esistenza degli angeli. Questa fede mostra che il senso della creazione non si gioca tutto sul rapporto fra l'uomo e Dio, ma "resta aperto su altre creature" le quali, pur dipendendo da Dio, hanno una storia ed un'economia di salvezza distinta da quella del genere umano. Tommaso d'Aquino, ad esempio, diede ragioni di convenienza per sostenere che il numero degli angeli sarebbe ingentissimo, tale da superare qualsiasi molteplicità materiale (cfr. Summa theologiae, I, q. 50, a. 3).

Ciononostante, la singolarità del genere umano come unica forma di vita intelligente nel cosmo rappresenterebbe per la teologia una soluzione "classica", che non la obbligherebbe a ri-comprendere un certo numero di aspetti della Rivelazione. Tale soluzione, va osservato, E' anch'essa ragionevole, e non può qualificarsi a priori come antiscientifica. Oggi sappiamo che la grandezza dell'universo fisico non risponde ad una sorta di "ridondanza", ma E' legata a una necessità di origine antropica: ai lunghi tempi necessari per produrre nelle stelle gli elementi chimici indispensabili alla vita corrispondono inevitabilmente anche degli enormi spazi. Come conseguenza ne risulta indebolito sia l'argomento probabilistico che parte dalla constatazione della grandezza del cosmo, ma anche l'argomento teologico sulla convenienza che molteplici esseri intelligenti siano creati per dare gloria a Dio in regioni in cui non potrebbe farlo l'uomo. In un universo in espansione - l'unico che può condurre alla formazione di strutture e di ambienti adeguati alla vita - il lungo tempo richiesto dall'evoluzione biologica si traduce necessariamente in un grande spazio e in una grande quantità di materia formata o in formazione. In un simile universo E' tanto ragionevole ammettere la simultanea comparsa di molte civiltà quasi coeve, come quella di una sola. La teleologia messa in luce dal principio antropico non offre conclusioni sulla molteplicità o sulla singolarità della vita intelligente, ma solo sui tempi necessari alla sua comparsa e sul legame non accidentale con la struttura dell'universo nel suo insieme. Non conoscendo le "ragioni ultime" dell'origine della vita, la scienza non può sapere se essa risponda a un imperativo categorico o se sia un evento altamente improbabile: dunque, anche equazioni come quella di Drake, sono geneticamente destinate a computare condizioni "necessarie", ma non "necessarie e sufficienti" alla presenza della vita intelligente. In assenza di altri dati che richiedano nuove soluzioni in un quadro interpretativo più ampio, una teologia che volesse conservare la sua soluzione "classica" non potrebbe per questo essere accusata di irragionevolezza.