La posizione di Kenneth Delano, interprete di una prospettiva cattolica, si distingue per una notevole flessibilità. Dopo aver ricordato la convenienza di associare alla grandezza di Dio un creato assai più ricco di quanto si possa a prima vista immaginare, segnala la necessità di una genuina umiltà nei confronti della trascendenza dei piani divini, che deve condurre a evitare atteggiamenti geocentrici o antropocentrici, rispettando il silenzio della Scrittura sul tema della pluralità delle creature intelligenti nell'universo. Si sostiene che ciascuna delle tre Persone divine potrebbe incarnarsi in qualsivoglia pianeta, non ponendo alcuna limitazione a ogni possibile storia di rivelazione e di salvezza. Tale posizione sarebbe da preferirsi, secondo questo autore, a una sorta di teoria di un "Adamo cosmico", nella quale il singolo atto redentivo di Cristo sulla Terra sarebbe applicabile all'intero universo, sebbene tale pluralismo redentivo non impedisca, sempre secondo il nostro autore, di diffondere ad altri esseri intelligenti il messaggio evangelico e l'amore avuto da Dio nei nostri confronti. Riteniamo che le posizioni di Mascall e di Delano circa la possibile molteplicità dell'incarnazione del Figlio o di altre Persone divine, finiscano però col distanziarsi, come vedremo, da una comprensione cristiana della Rivelazione.
Se le precedenti considerazioni sottolineano la necessaria flessibilità da mantenere in un tema come questo, la posizione di Charles Davis (1960) pare in proposito maggiormente definita. Partendo dal dato biblico della centralità cosmica di Cristo nei confronti dell'intero universo materiale e della sua capitalità su tutte le creature, incluso quelle angeliche, ne conclude che la posizione teologicamente più corretta dovrebbe essere mantenere l'unicità dell'unione ipostatica, avvenuta una sola volta e solo nel contesto dell'economia salvifica terrestre. Il privilegio che ne deriverebbe per la natura umana non sarebbe espressione di antropocentrismo, ma conseguenza di un coerente cristocentrismo. Se la centralità di Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, sul cosmo e sulla storia fosse un mero effetto dell'orizzonte geocentrico presente nei modi di esprimersi della Scrittura, la maggior parte della nostra comprensione teologica della creazione e dei nostri rapporti con Dio in Cristo ne verrebbe inevitabilmente stravolta. Lasciare inalterata la comprensione della capitalità di Cristo, Dio-uomo, in "senso forte" vuol dire invece continuare a credere che l'incarnazione del Verbo costituisca la maggiore comunicazione di Dio alla creazione, considerarla ancora tale sullo sfondo di tutte le altre possibili creature, e assumersene le corrispondenti responsabilità. Un universo dove, al contrario, fossero possibili molte incarnazioni del Verbo, non sarebbe più un universo cristocentrico. Se questo accadesse come fatto riconosciuto, se ne dovrebbe concludere che la nostra comprensione della Rivelazione E' stata finora largamente imprecisa e ambigua. Il pensiero di Teilhard de Chardin condivide la comprensione della centralità di Cristo in senso forte, ma ne sottolinea nel contempo l'azione di una terza natura "cosmica", lasciando a questa e non alla natura umana del Verbo, il compito di ricapitolare in Lui tutta la creazione e tutti gli esseri che vi partecipano (cfr. La multiplicité des mondes habités, in "Oeuvres", Paris 1969, vol. X, p. 282). Teilhard può così superare l'ostacolo dell'antropocentrismo, ma introduce un elemento estraneo al dogma cristologico, che insegna invece la presenza di solo due nature, umana e divina, nella persona increata del Verbo (cfr. DH 300-303).
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