Nel XVIII secolo il clima teologico pare cambiare. Non si offrono soluzioni per risolvere o inquadrare i problemi dogmatici che la vita extraterrestre porrebbe alla cristianità, ma il tema viene visto con maggiore apertura e senza speciali timori, sottolineando in primo luogo la grandezza del Creatore e l'insondabilità dei suoi piani sull'intero universo. L'apologetica inglese di tradizione anglicana offrirà in proposito una cerniera di raccordo inserendo la possibilità di vita extraterrestre nella sua teologia naturale (W. Derham, Astro-theology, London 1714). Maggiormente significativa sarà però la reazione che molti autori cristiani avranno nei confronti di un'opera di Thomas Paine (1737-1809), The Age of Reason (1793), la quale propugnerà per la prima volta, e in modo diretto, una radicale incompatibilità fra la religione cristiana e l'esistenza di vita intelligente extraterrestre, la cui scoperta, secondo Paine, condurrebbe inevitabilmente a sconfessarla. "Dovremo forse ammettere - affermava ironicamente - che ogni mondo in una illimitata creazione avrebbe un'Eva, una mela, un serpente e un redentore? In tal caso, la persona che sarebbe irriverentemente chiamata Figlio di Dio, e talvolta Dio stesso, non potrebbe fare altra cosa se non viaggiare da un mondo all'altro ripetendovi una successione continua di morti, con a malapena qualche breve intervallo di vita" (The Age of Reason, New York 1961, p. 283). Non solo la critica di Paine non sarà condivisa da astronomi sinceramente credenti e favorevoli a un'ipotesi pluralista come furono T. Wright, J. Lambert e lo stesso William Herschel, ma susciterà opere di teologi che intenderanno confutarne le tesi, come in Scozia T. Chalmers (Astronomical Discourses, 1817) e negli Stati Uniti T. Dwight (Theology Explained and Defended in a Series of Sermons, 1818). Ad essi si assocerà anche lo studioso scozzese T. Dick (The Christian Philosopher, 1823).

A favore dell'ipotesi di una pluralità di mondi abitati si schiererà apertamente nel XIX secolo l'opera teologica di Joseph Pohle I mondi stellari e i loro abitanti (Die Sternenwelten und ihre Bewohner, Köln 1884), rieditata più volte per circa un ventennio. Essendo l'universo fisico così esteso ed essendo il fine della creazione dare gloria a Dio, se ne deduce che tale gloria debba essere tributata da tanti esseri intelligenti disseminati per il cosmo e che, a differenza degli angeli che sono solo spirituali, mantengano una relazione con l'universo materiale, come potrebbero essere appunto gli abitatori di altri pianeti. Una eco di questa conclusione la si ritroverà ancora nel più diffuso manuale di teologia della metà del XX secolo (cfr. M. Schmaus, Katolische Dogmatik, München 1957, vol. II, n. 109). La posizione di Pohle sarà condivisa da vari scienziati suoi contemporanei, fra cui gli italiani Angelo Secchi e Francesco Denza, sacerdoti e astronomi.