E tuttavia Isaac Asimov, nel suo libro Domani! (1982), scrive qualcosa di diverso che, però, non poteva essere adeguatamente valutato ai tempi di Wells:
I parassiti si evolvono fino a raggiungere una perfetta simbiosi con il loro ospite. Ne invadono uno in particolare e vivono in unione con esso, con la stessa corrispondenza che può esserci tra una chiave e una serratura. Un parassita è generalmente confinato a un dato tipo di organismi e non può vivere in altri, esattamente come noi non possiamo vivere sul pianeta Giove. Nessuno teme che un essere umano possa contrarre la ruggine dell'olmo, o che una quercia possa contrarre il virus del raffreddore. Anche se microrganismi potessero svilupparsi su una cometa, che probabilità avrebbero di possedere l'esatta struttura che permetta loro di invadere le cellule umane? E' più facile ottenere un milione di "due", uno dopo l'altro, lanciando dadi non truccati.
In realtà alcuni rimescolamenti di virus, con passaggi attraverso differenti specie viventi e relative trasformazioni del Dna, oggi pare stiano mettendo - sia pure parzialmente - in crisi affermazioni di questo tipo (penso alle ultime forme di influenza in arrivo dall'Oriente, ai timori di contaminazioni pericolosissime avanzati da alcuni biologi, e ovviamente alla "costruzione" di virus ad hoc grazie alle nuove bio-ingegnerie).
Torno a quanto scrivevo più sopra ("ecologia"), per chiudere l'argomento specifico con quella che magari è un'ovvietà: il quadro dei fattori ambientali, determinanti per la vita e per la sua evoluzione, ha sempre avuto notevole rilievo nella sf. Uno dei primi più brillanti esempi è appunto il romanzo di Wells, ma ogni autore, "costruendo" il mondo della sua narrazione (terrestre o alieno che sia) deve cercare di incastrare tra loro centinaia di dettagli d'ogni genere in un insieme nuovo, alieno ma plausibile. Insomma, l'autore di fantascienza è un ecologo, almeno in pectore.
Altro elemento: nel corso del racconto Wells inseriva elementi di critica sociale. Se i Marziani risultavano invincibili e riuscivano a radere Londra al suolo, ciò accadeva anche perché la grande potenza militare dell'impero inglese era divenuta, a suo parere, sostanzialmente fragile. Insomma è a più livelli che La guerra dei mondi ci ricorda - se ce ne fosse ancora bisogno - che descrivendo eventi di fantasia o improbabili creature (nella fattispecie gli alieni) è possibile, in forme allegoriche, parlare del "qui e ora".
Dicevo che la presenza stessa dell'alieno pone quesiti, al momento praticamente insormontabili. La prima domanda riguarda la stessa esistenza di queste creature. La vita intelligente è un fenomeno unico, puramente casuale, tipico solo della Terra, o ricorrente nell'universo? Lo scrittore e scienziato Isaac Asimov rispondeva affidandosi a un calcolo statistico un po' paradossale. Ricavava, in base a un suo ragionamento, l'esistenza di 75 miliardi di sistemi solari che nel cosmo potrebbero ospitare la vita, ma dopo ulteriori "aggiustamenti" verso sistemi e pianeti di "tipo terrestre" scendeva a 416 milioni, di cui solo 390 milioni avrebbero sviluppato una civiltà tecnologica. Tuttavia, solo 32000 si troverebbero "attualmente" nella fase - la cui durata possiamo indicare in circa 600 mila anni - in cui una specie analoga all'Homo Sapiens sta dispiegando le sue potenzialità. E di questi 32000, soltanto 540 ospitano una specie che ha raggiunto lo stadio agricolo, 20 la scienza moderna, in 10 hanno fatto la rivoluzione industriale, e in... 2 (!) si è scoperta l'energia nucleare. Sui circa 390 miliardi di pianeti residui, esisterebbero solo le tracce di civiltà estinte da miliardi di anni.
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