- Ai tuoi ordini! - ripeterono gli armati, sia per maschia fedeltà sia perché non avevano capito un Kraken.

Con virile ardimento il possente Ridgemante balzò sulla sella del suo destriero, il famoso Buecefalo, detto così per le sembianze non esattamente equine a causa delle quali gli altri cavalli ogni notte lo cacciavano via dalle scuderie a calci nel culo nitrendo Pussa via brutta vacca extracomunitaria che noi ce l'abbiamo duro!

- Mio signore, posso venire con voi? - ansimò Brookseide, avvinta dalla divina mascolinità che erompeva da ogni poro della pelle marmorea dell'eroe (sic!).

- La nostra non è impresa per femmine - tagliò corto Ridgemante. - Tu rimarrai a casa, a offrire sacrifici agli dei in nostro favore, a lucidare i tripodi e i lebèti di famiglia col Sidòl, e a covarmi figli possibilmente maschi che mi assomiglino.

La fanciulla abbassò pudicamente lo sguardo e si ritirò, svanendo nella corte vasta e scura circondata da un grande colonnato appena rischiarato dalla luce delle fiaccole. La sua figura snella si perse nel grande spazio vuoto che risuonava dei suoi rapidi passi. Ah, una volta sì che sapevano trattare le donne!

I guerrieri impugnarono virilmente (sic!) le redini e partirono. L'aria dell'Etolia, in quell'ora del mattino, era del tutto immota, e così doveva essere affinché il Fuoco celeste assumesse le forme e i moti della sua natura divina che sempre lo spinge verso l'alto a congiungersi con l'Empireo, sua originaria sorgente. Il canto dell'aedo di corte accompagnava la marcia del drappello. Il clangore delle armi echeggiava il ritmo dei versi immortali di Tirteo, Teognide, Archiloco e Saffo. Perché le strade che un uomo può percorrere sono molte ma alcuni uomini nascono dotati di una forza diversa, che viene dagli dei e agli dei cerca di tornare. Lo diceva anche Eschilo. Ed Euripide. E Tertulliano. Quante cose so! Come sono colto! Quanto sono fico! Quasi quasi mi faccio!

- Mio signore! - esclamò d'un tratto Ificle. - Le tracce sono scomparse!

- Hai ragione - confermò Ridgemante. - I nostri nemici devono averle cancellate.

- Come potremo seguirli, allora?

- Interroga quel bifolco, Diòcle.

- Io sono Ificle, mio signore.

- Non ti stavo chiamando, idiota, stavo bestemmiando.

- Chiedo perdono, mio signore: provvedo subito. Tu, buzzurro!

- Dice a me?

- Hai udito zoccoli ferrati percuotere la terra col vigore del sacro martello di Efesto? Hai veduto armati a cavallo volare sulla pianura come se volessero fuggire all'ineluttabile Fato? Hai scorto uno scudo di così sublime fattura che la stessa dea Hera ci si sarebbe volentieri specchiata per farsi bella per il suo signore Zeus padre di tutti gli immortali?

Il bifolco arricciò il naso. - Non ci ho capito un Kronos.

- Hai visto passare qualcuno? - tradusse Ificle, guardandosi le unghie dai riflessi di rame e bronzo.

- Mah, prima dell'alba ho sentito un galoppo.

Il possente Ridgemante lanciò un epico urlo di trionfo. - Li teniamo!

- Dove erano diretti? - chiese Ificle.

- Verso Atene, credo.

- Tutti ad Atene! - sbraitò Ridgemante.

- Un momento, buonuomo... - fece il villico.

- Che vuoi? - ribatté Ificle, stupito.

- Già che va ad Atene, mi porta questo capitello?

E gli depose in braccio un blocco di marmo di due cubiti di lato, scolpito in perfetto stile ionico-epilocrese.

- Mio signore... io... aiut... - ansimò Ificle.

- Non perdere tempo in sciocchezze! - lo zittì epicamente Ridgemante. - Andiamo!

E lanciò il veloce Buecefalo a inseguire le sacre saette di Hermes che dalle fosche nubi incendiavano l'orizzonte. I guerrieri del suo seguito gli si gettarono dietro al galoppo. Ificle si pose in coda alla colonna, arrancando sotto il peso del capitello.