Entrando nel cerchio interno, si rese conto che il tumulto stava diminuendo e che emergeva una singola voce, più forte delle altre. Alzò gli occhi al cielo oscurato muovendosi attraverso le costellazioni, udendo sottili voci arcaiche giungere fino a lui attraverso i millenni. Come un fiume incessante, le cui sponde erano più larghe dell'orizzonte, gli fluiva incontro un vasto corso di tempo che riempiva il cielo e l'universo. Powers ne percepì la potente attrazione magnetica; intorno a lui i contorni delle colline e del lago si erano fatti indistinti ma l'immagine del mandala, come un orologio cosmico, rimase fissa nei suoi occhi e sentì che il suo corpo si dissolveva gradatamente (...)

Ma ovviamente l'opera di Ballard che più propriamente rientra nel nostro tema è il romanzo Terra bruciata (The Burning World, 1965); e se abbiamo citato Le voci del tempo, e soprattutto Deserto d'acqua, è proprio per contrasto con il "racconto principe" della desertificazione ballardiana. Il tema è facilmente immaginabile: una grave siccità colpisce l'intero pianeta provocando l'evaporazione di fiumi, laghi, ghiacciai, e la progressiva ritirata degli oceani. Una apocalisse tipica del nostro scrittore, nella quale egli manovra da maestro le psicologie contorte dei personaggi.

Mentre le vaste ristese d'acqua si riducevano prima in basse lagune e poi in un labirinto di stretti canali, le umide dune del letto del lago sembravano emergere da un'altra dimensionme. Quella mattina, svegliandosi, Ransom aveva trovato la sua casa galleggiante arenata in un piccolo avvallamento. I pendii di fango, coperti di carogne di uccelli e pesci, lo circondavano come spiagge d'un sogno. Fuochi di rifiuti aredevano senza fiamma nei giardini lungo la riva; sulla strada, niente e nessuno.

Pretesto per lo sviluppo della trama è l'allucinante odissea di un uomo e di un gruppo di persone che decidono di avviare una folle traversata per giungere alla mitica riva di un mare. E sarà un viaggio "in un mondo radicalmente mutato, dove tutto può accadere e la realtà assume l'aspetto di un fantastico viaggio nel tempo".

Sotto il vuoto cielo invernale le dune si estendevano per chilometri. Raramente alte più di mezzo metro, scintillavano umide nell'aria fredda salmastra increspata dal vento di terra. A volte, quasi un remoto assaggio della primavera imminente, le loro creste si venavano di striature bianche mentre alcuni cristalli evaporavano sotto il Sole. A est e a ovest le dune bianche continuavano fino all'orizzonte; a sud declinavano in distese piatte e salate. In nessun punto c'era un margine definito tra la riva e il mare; anche dopo un'ora di cammino, affondando fino al ginocchio nella melma semiliquida, il mare rimaneva sempre ugualmente lontano, eternamente presente eppure nascosto dietro l'orizzonte. E malgrado il continuo andirivieni degli abitanti di quel mondo desolato di sale, non rimaneva traccia dei loro passi poiché in pochi istanti le orme venivano assorbite da un umidore invisibile e diffuso.

Come giustamente scrive Lippi nella sua introduzione:

Terra bruciata parla di siccità in modo originale: invece di ricorrere a immagini di deserto e di arsura - che pure ci sono, ma come fatto derivato - Ballard popola le sue pagine del fantasma dell'acqua (...) E acquea è tutta l'atmosfera del romanzo, nel senso che l'umanità deve fare i conti con la mancanza e il ricordo dell'elemento-linfa, o con la sua degradazione (...) Con la perdita, e soprattutto con la trasformazione dell'acqua, prende avvio una trasformazione fondamentale del mondo.

Intanto, rilette oggi queste parole acquistano un'aura di presagio sinistro, richiamandoci alla mente l'enorme, emergente problema delle risorse idriche mondiali; al punto che si moltiplicano da ogni parte interventi sul tema di illustri studiosi e ambientalisti. Tra costoro ricordiamo almeno l'economista e fisica indiana Vandana Shiva, e il suo libro di denuncia Le guerre dell'acqua (Feltrinelli 2003).