Verso il punto di non ritorno
Ma questo è solo l'inizio. Dallo studio del clima del passato della Terra, gli scienziati sono giunti alla conclusione che mutamenti climatici improvvisi, come il crollo delle temperature interglaciali durante il Pleistocene, possono verificarsi anche in pochi decenni. Che cosa c'è di sicuro, allora? Niente. E allora come facciamo a sapere se avremo superato il punto che ci porterà verso un effetto serra incontrollato? Come facciamo a sapere quando le conseguenze dell'aumento dell'effetto serra, cominceranno ad autosostenere un aumento dell'effetto serra un po' come abbiamo visto che è accaduto per Venere? Ma non serve nemmeno spingersi fino a quelle estreme conseguenze, per ritrovarsi su una Terra molto diversa da quella che conosciamo. Ad esempio la tundra siberiana e canadese immagazzina miliardi di tonnellate di anidride carbonica e metano che un innalzamento di soli 2 °C potrebbero cominciare a far rilasciare nell'atmosfera, aumentando così sua volta l'effetto serra. Peccato che la temperatura dell'Artico sia già salita di oltre 2 °C e che quindi questo fenomeno sia già iniziato... Che dire allora delle calotte polari? Il loro scioglimento contribuirebbe ad aumentare il riscaldamento degli oceani. L'aumento del livello degli oceani causato, come abbiamo visto, dall'espansione termica e dallo scioglimento dei ghiacci, causerebbe poi inondazioni che, sommergendo vaste zone di vegetazione che andrebbero in decomposizione anaerobica, causando così un rilascio nell'atmosfera di altre grosse quantità di metano, contribuendo così ad aumentare nuovamente l'effetto serra. Il riscaldamento degli oceani potrebbe anche creare anomalie nella risalita annuale delle acque fredde, profonde e ricche di nutrimento per il fitoplancton verso la superficie, rischiando così di comprometterme la vitalità. Questo non porterebbe solo all'estinzione delle balene che si nutrono di krill che a sua volta si alimenta di plancton, ma anche a un grave squilibrio nel ricircolo della CO2, giacché il fitoplancton oceanico è responsabile dell'assorbimento di un quarto del biossido di carbonio provocato dalle attività umane e la sua mancanza farebbe aumentare drasticamente la quantità di CO2 nell'atmosfera. Una cosa molto simile succederebbe alle foreste la cui estensione, secondo gli scienziati, è in via di drastica diminuzione. Secondo alcuni studi, l'intera foresta pluviale dell'Amazzonia potrebbe cominciare a inaridirsi intorno al 2040, ma in quel momento potremmo già essere molto vicini al punto in cui le foreste, a causa della loro morte, potrebbero rilasciare più CO2 di quella che sarebbero ancora in grado di assorbire attraverso il processo di fotosintesi. E si parla di 2 miliardi di tonnellate di anidride carbonica emesse ogni anno! Se questo processo venisse davvero innescato, l'aumento di CO2 nell'atmosfera diventerebbe drastico in maniera davvero allarmante. Infine, non possiamo tralasciare la questione della Corrente del Golfo che, in condizioni normali, rende più calda, a parità di latitudine, l'Europa del Nord rispetto al Labrador. Da 10.000 anni questa corrente si origina al largo dell'Islanda, scorre fino ai tropici e poi torna indietro riscaldandosi, mitigando così in modo determinante il clima dell'Europa settentrionale. Eppure i mutamenti climatici in atto rischiano di interrompere questo benefico processo a causa della diminuzione della salinità delle acque causata dall'immissione dell'acqua dolce provocata dallo scioglimento dei ghiacciai, cosa che comprometterebbe la complessa dinamica del moto delle acque. Gli scienziati ritengono che il processo potrebbe innescarsi entro la fine di questo secolo, e potrebbe anche verificarsi con un preavviso molto breve, anche di un solo decennio. Se ciò accadesse, la temperatura dell'Europa del Nord potrebbe crollare di dieci gradi in dieci anni e Londra potrebbe diventare come la Siberia...
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