Carote di ghiaccio

Andamento della concentrazione di aerosol negli ultimi mille anni depositati nei ghiacci della Groenlandia - Fonte: IPCC
Andamento della concentrazione di aerosol negli ultimi mille anni depositati nei ghiacci della Groenlandia - Fonte: IPCC
E' facile dire che il tempo non è più quello di una volta, che non ci sono più le mezze stagioni, che la temperatura globale si sta alzando e che da un lato rischiamo la siccità e dall'altro le alluvioni. Ma come si fa a stabilire che il clima sta davvero cambiando per colpa delle mutate condizioni dell'atmosfera? E che queste mutate condizioni sono causate dalle attività umane? Chi ci dice com'era l'atmosfera terrestre prima dell'avvento della Rivoluzione Industriale? La risposta viene dai ghiacci perenni, in particolare i ghiacci antartici orientali della Stazione Vostok, che sono stati perforati da scienziati di tutto il mondo fino a una profondità di 3600 metri e le cui "carote", ovvero dei campioni cilindrici di ghiaccio che a quella profondità sono risultati vecchi di 420.000 anni, sono state analizzate. Una volta sciolto il ghiaccio, l'atmosfera imprigionata all'interno dei campioni ha fornito fondamentali informazioni sui cambiamenti climatici intervenuti nell'atmosfera della Terra nel corso degli ultimi 4000 secoli. I risultati hanno evidenziato ad esempio che durante le glaciazioni la concentrazione atmosferica di anidride carbonica e metano era la più bassa mai riscontrata sulla Terra, confermando una correlazione quasi matematica tra quantità di CO2 e CH4 presente nell'atmosfera e la temperatura del globo. Inoltre la fine delle glaciazioni fu contraddistinta da un incremento relativamente repentino delle quantità di anidride carbonica e metano, e contemporaneamente una diminuzione delle polveri dell'atmosfera, quello che abbiamo evidenziato con il termine aerosol e che ha un forcing radiativo negativo. Un altro fenomeno evidenziato dai campioni di Vostok, di cui gli scienziati ancora non hanno ancora chiare le cause, fu che, invece di raffreddarsi, il clima si stabilizzò intorno a 10.000 anni fa e questa stabilizzazione climatica risulta insolitamente e inspiegabilmente la più lunga di tutti i 420.000 anni analizzati. Questo clima straordinariamente temperato che stiamo vivendo tuttora sembra dunque un'eccezione unica nella storia della Terra, eccezione che, non dimentichiamolo, ha favorito lo sviluppo dell'agricoltura e di tutto quello che ne è conseguito, ovvero della civiltà stessa. Tuttavia, fino a due secoli fa non c'era nessuno sulla Terra a immettere nell'atmosfera biossido di carbonio o metano in dosi "industriali". Come spiegare allora il cambiamento tra periodi caldi e freddi in periodi remoti della storia della Terra? In questi cambiamenti, l'atmosfera c'entra o non c'entra? Gli studiosi ritengono che nel corso dei millenni l'orbita della Terra, e quindi anche la sua distanza dal Sole, possa essere variata sensibilmente al punto da modificare la quantità di radiazione solare giunta al suolo. E similmente a quanto descritto per Venere, l'atmosfera della Terra sarebbe stata responsabile di un effetto a catena che avrebbe portato a sostenere il fenomeno. In pratica, la maggior radiazione solare scioglierebbe i ghiacci e il conseguente aumento del livello dei mari causerebbe un aumento di CO2 e di metano, con una contemporanea diminuzione di polveri. Inoltre, lo scioglimento di nevi e ghiacci diminuirebbe anche l'albedo, ovvero il potere di rifrazione della luce solare sulla superficie terrestre, aumentando così la capacità delle terre e dei mari di assorbire calore. Basterebbe quindi una minima variazione orbitale per innescare un processo a catena in grado di modificare sensibilmente il clima della Terra. Analogamente, una variazione dell'inclinazione dell'asse terrestre, potrebbe aver portato a drastici cambiamenti climatici nel corso dei millenni. Tuttavia sembra che almeno su un punto gli scienziati sono concordi. Le analisi effettuate sui ghiacci dell'Antartide e del Tibet, come pure sugli anelli di accrescimento degli alberi del Colorado, sul fango del Mar dei Sargassi, e lo studio di vecchie registrazioni inglesi e cinesi, conducono a ritenere che c'è solo 1 probabilità su 20 che i fenomeni climatici anomali cui stiamo assistendo oggi siano di origine naturale. Se si considera che, a partire dal 1860, delle dieci annate più calde, otto si sono verificate dal 1990 in poi, non si potrà negare la presenza in tutto ciò dello zampino dell'uomo.