Tina superò le ultime barriere ed entrò nel nucleo. L'ovale grigio era stipato di celle di stasi modificate e assemblate in tutta fretta. Sembravano disposte a casaccio, senza una configurazione logica che aiutasse i microrganismi nel loro lavoro. Attraverso i pannelli opachi riconobbe la Le Blanc già catturata nella metamorfosi. Rioda Sajiko era nella cella a fianco, un corpo fragile scolpito nel metallo. Infine trovò Valerio.
Il mutamento era nello stadio più avanzato. Le gambe e le braccia dilatate aderivano alle pareti della cella, il tronco immerso nella melma rosa che avrebbe costituito un utero di protezione in caso di cedimento delle strutture. Una serie di cavi strisciavano sotto la pelle del suo viso trasfigurandolo. Valerio spalancò gli occhi e la guardò.
Tongue-tied and twisted...
Tina fuggì via coprendosi la bocca con la mano. Solo all'esterno trovò la forza di sussurrare: - Sono tutti dentro...
Cardosa annuì. A un suo cenno i veicoli tacquero di colpo, le persone scesero e iniziarono a riportare il materiale nei depositi della base.
Tina lasciò che si occupassero di tutto e s'incamminò verso la collina sovrastante il Genitore. Il cielo era cosparso di strane nubi allungate, code di comete imprigionate nell'atmosfera del pianeta. L'intera ecologia si stava evolvendo freneticamente, forme di vita nascevano e morivano in un ciclo genetico impazzito.
Raggiunse la sommità della collina. Nanami era già lì, agitando le ali in segno di nervosismo.
Con calma si tolse i vestiti: la tuta, le scarpe, la biancheria. Depose tutto ai suoi piedi e restò nuda a farsi sferzare dal vento che si era improvvisamente alzato. Il cormorano la studiò incuriosito, poi allungò il collo in un richiamo acuto. Tina sorrise apertamente: Nanami non era mai stata una cavia, era la loro guida.
...just an earth-hound misfit.
Il formicolio ai polpastrelli non la sorpese. Le cellule robotiche cominciavano ad agire sulla sua fisiologia, riplasmandola in modo più funzionale. Percepì alle sue spalle gli altri Vitalisti che l'avevano raggiunta, mentre la nuova epidermide spessa e piumata le regalava un dolce tepore.
Sotto la collina e tutto intorno Primo Sol persisteva nella sua muta ribellione. Gli occhi riconfigurati di Tina si sporsero oltre l'orizzonte, sulle lagune e le insenature salate. Milleduecento chilometri erano una lunga traversata, solo con l'istinto di un migratore potevano raggiungere continenti sicuri dove passare i periodi più difficili.
I
Nanami svolazzava sempre più eccitata, pronta alla partenza. Tina barcollò mentre il baricentro del suo corpo si spostava e robuste cartilagini si sviluppavano sotto le braccia. Valerio ormai era una macchia sfuocata, l'abitante del sogno di una vita lontana. I suoni presero nuove forme, gli odori nuove tonalità. Gonfiò il petto per far entrare più aria possibile.
Tina fece tre passi e si alzò in volo.
Grazie ai Pink Floyd per i versi di Learning to fly
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