Nel mio primo romanzo, A Ovest di Thule, immagino il viaggio involontario di un gruppo di romani del I secolo a. C., che vengono sbattuti sulle coste dell'America; se questa navigazione avesse cambiato la storia, sarebbe diventato a tutti gli effetti un romanzo "ucronico"; io invece faccio in modo che il viaggio sia rimasto privo di conseguenze, e che quindi l'America l'abbia scoperta Colombo Cristoforo da Genova; in questo modo, il romanzo rimane di fantasia, ma comunque nel genere "storico". Viceversa, in un racconto intitolato La Confessione, quello che in origine appariva come vicenda storica romanzata, alla fine si evolve in fantascienza bella e buona; la favola di Fior di Palude, la ninfa che servì un santo eremita e ne custodì la tomba, presenta due finali alternativi: uno in chiave mitico - religiosa, l'altro in chiave fantascientifica. Quello del romanzo è sempre stato considerato un genere po' bastardo dalla letteratura "seria", ma questo almeno ti risparmia dall'obbligo di tenerti all'interno di certi canoni, e ti consente di muoverti con libertà.
E la fantascienza è un genere particolarmente libero, che si presta molto a incroci e relazioni pericolose.
Giusto.
Leggo nel tuo profilo che, anche se in forma diversa, I Sentieri di Ucronia era già stato presentato in passato, vuoi dirci qualcosa riguardo alla sua genesi?
Momento di panico. già, quand'è nata la prima idea del romanzo? Ho provato a retrocedere di dieci anni, e credo di aver individuato la prima radice; pensa, leggevo un libro sulle isole linguistiche tedesche del Norditalia - il massimo della goduria, vero?- e un signore sudtirolese s'era divertito a sostituire i nomi delle città venete e fiulane coi nomi tedeschi corrispondenti, che so? Al posto di Pordenone, Portenau; al posto di Udine Weiden, al posto di Vicenza Wiesentein. Ho provato a immaginare un Veneto "germanizzato", e m'è venuta alla mente la considerazione di Goebbels dopo la liberazione di Mussolini dal Gran Sasso, ossia che questa ardita operazione delle SS avrebbe ostacolato il progetto di annettere il Veneto al Reich, sia pure sotto forma di regione autonoma. Ho scritto così una descrizione della mia regione, come sarebbe stata se i nazisti l'avessero effettivamente annessa. Per farlo, dovevo però cambiare l'esito della seconda guerra mondiale, e così ho riscritto la storia degli avvenimenti: non è molto originale, ne convengo, ma il gioco mi era piaciuto, e così ho pensato: perché non far durare l'impero romano d'Occidente fino al tempo di Dante? Dopo tutto, la parte orientale è effettivamente sopravvissuta altri mille anni, ed è nato così un altro testo di storia, rigorosamente conseguente e totalmente falsa. Per mettere assieme queste due vicende, mi sono dato delle regole, ed ho creato le "leggi dell'ucronia", ma col senno di poi mi accorgo che erano pesanti e pedanti, e non rimpiango di averle sforbiciate senza pietà. Qualche mese più tardi, è nato il primo racconto e poco più tardi un altro. E' stato questo impasto di brani "storici" e narrativi a costituire il primo nucleo dell'attuale romanzo, ed è stato questo ad essere presentato al Premio Atheste; successivamente, mano a mano che gli altri episodi si aggiungevano, ho eliminato tutte le parti storiche e anche i brevi paragrafi introduttivi. Quanto al titolo, credo che la suggestione sia derivata dal racconto Il giardino dei sentieri che si biforcano, di Borges, un altro dei miei autori preferiti.
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