- Me li immaginavo più aperti.

- Aspetta. Si tolgono anche la camicia, a saperli prendere..

Poi cominciò a innamorarsi anche di me, e a quel punto decise. - Non lascerò mai più Ancona - disse.

4.

- Certo - ripresi. - Per me è tutto ancora maledettamente vicino.

Alzai lo sguardo, cirri bassi si rincorrevano nel cielo del tardo pomeriggio. Il crepuscolo era imminente e il tempo si stava guastando. La palla infuocata stava scomparendo dietro il porto lasciando sopra le colline riflessi blu cobalto.

- Non sei cambiato tanto, in tutti questi anni - aggiunsi.

- Senti chi parla. Tu sei identico.

Scossi le spalle. - Come ti scrissi, il destino ha voluto che mi risvegliassero lo stesso giorno e lo stesso mese in cui fui ibernato. Un paio d'ore di differenza per me, trenta anni per il resto del mondo. Hanno sperimentato nuove terapie antishock per evitare seri traumi a chi viene risvegliato, e ti posso assicurare che funzionano. - Mi fermai un momento, valutando se fosse il caso di spiegargliele, queste terapie, ma decisi di procedere oltre.

Sentii la bocca impastata dal sapore dei medicinali che avevo assunto i giorni successivi al risveglio. - Sono un trentenne anacronistico, oggi. Solo una vittima.

- Che dovrei dire io, sessantenne attuale? - rispose Marco evidentemente risentito. - Il mio tempo sta per finire, e il rimpianto è il sentimento più forte. Tu hai ancora tutte le possibilità intatte, ti rendi conto?

Per un momento pensai di gridargli in faccia quello che provavo, che avrei preferito essere morto piuttosto che trovarmi in quella situazione di merda. Meglio essere ancora nella bara piuttosto che ignorare la verità. I nostri sguardi si incrociarono nella semioscurità, i suoi occhi verdi sembravano aver perso l'antico vigore. All'improvviso fu un estraneo.

- La nostra paura della morte ci ha sempre impedito di vivere bene. Arrivi a un punto in cui ti rendi conto che niente ha avuto senso. L'amore, le sconfitte, le gioie, tutto è riconducibile a un secondo espanso per la durata della vita. Un attimo tirato all'esasperazione, cazzo.

- Cazzo - esplosi anch'io, sottolineando l'intercalare dei nostri discorsi.

Sbuffammo a ridere, come trent'anni prima.

Bevemmo un altro paio di bicchieri in silenzio, poi Marco mi chiese di Michela.

- Siamo innamorati. - Ma questo lo sapeva già. Senza che me lo chiedesse, gli presi a raccontare di quando l'avevo conosciuta.

Qualche mese prima. Quattro, precisamente...

5.

Marco si alzò all'improvviso, lasciando il bicchiere mezzo pieno sul tavolo.

- Io vado, tanto non potrei esserti d'aiuto. Comunque non sarei la persona più indicata a farlo.

- Non sei più il mio migliore amico?

La tristezza gli fulminò i lineamenti. - Lo ero, Giorgio.

- Perché ora non più? Dimmi, perché ce l'avete tutti con me, che cazzo vi ho fatto?

- Non hai mai visto un palmo oltre il tuo naso. Claudia...

- Claudia cosa?

- Sono sempre stato innamorato di Claudia. Lei l'aveva capito, a suo tempo.

- Tu... il padre di Michela? - Rabbia e sollievo si mescolarono in me.

- Non ho detto questo. La tua assenza ha reso inutili i miei tentativi. Se tu fossi morto qualcosa sarebbe cambiato. Claudia non ha mai voluto, sentiva l'obbligo di aspettarti, e quando ha capito che non saresti più tornato da lei, era troppo tardi per entrambi.

Non sapevo cosa dire, cosa fare. Ero esausto, avrei voluto tornare nella bara criogenica, per sempre. Ma il pensiero di Michela mi riscosse.

- Dimmi la verità, almeno tu.