Nel 2001 Star Trek ha festeggiato i suoi trentacinque anni di vita. Credevate ci sareste arrivati?
Sinceramente? No. Quando per la prima volta mi sono occupato della serie televisiva, pensavamo sarebbe andata avanti solo per un paio d'anni. Quando - nel 1987 - The Next Generation ha iniziato ad andare in onda non c'era nessuna serie fantascientifica sulla televisione americana. Inoltre era il seguito di una serie di successo (pochissimi telefilm sequel sono andati bene) e non andavamo in onda su un Network, ma la serie era in Syndication. Avevamo tutte le probabilità contro di noi.
Quando ha conosciuto Gene Roddenberry e come ha iniziato a lavorare con lui?
Lavoravo nella divisione televisiva della Paramount e la cosa che piaceva di più a Roddenberry di me era il fatto che io non fossi un fan della serie classica. Anzi si può dire che - quando ho iniziato a lavorare con lui su Next Generation - io non sapessi nulla della serie originale. Gene non voleva lavorare solo con persone che avessero già collaborato con lui diciannove anni prima per l'altra serie di telefilm.
Che ricordo ha di lui?
Era un uomo amabile che qualche volta diventava un po' burbero. Ma il suo essere burbero era sempre costruttivo e quindi andavamo molto d'accordo. Siamo diventati dei grandi amici e questo mi rende molto orgoglioso.
Gene Roddenberry ha creato Star Trek, ma è stato lei a trasformarlo in leggenda realizzando quattro film, completando una serie e creandone altre tre...
E' vero, ma preferisco riconoscere a Gene il suo merito. Senza di lui Star Trek non ci sarebbe mai stata.
Lei è modesto, però, qui non si tratta più di una serie televisiva di successo, bensì di un vero e proprio "culto" che ha i suoi luoghi di culto come quello della Star Trek Adventure...
Anche se personalmente ho poco a che fare in maniera diretta con gli eventi come quello di Londra, in Germania o come la Star Trek Experience a Las Vegas, posso dirle una cosa: resto sempre sorpreso dalla popolarità di Star Trek e della sua fortuna intorno al mondo.
Qual è il suo modello di lavoro per le serie?
Il mio collaboratore principale è Brannon Braga. Con lui abbiamo scritto gran parte delle serie. Per ogni singolo episodio noi abbiamo due settimane per sviluppare la storia e tre per scriverne la sceneggiatura. Alle volte lavoriamo su idee casuali, altre ci sediamo insieme alla scrivania per cercare una storia da sviluppare. Altre ancora fanno parte di un ristretto gruppo di soggetti che mettiamo da parte e che intendiamo a sviluppare solo in seguito. Il 2002 è stato un anno particolarmente complicato: oltre alla sceneggiatura di Enterprise mi sono dovuto occupare della produzione della serie e - poi - di quella di Nemesis.
Perché vediamo apparire il suo nome molto più spesso nelle firme degli sceneggiatori di Enterprise. Cosa ha questa serie per spingerla a lavorare di più anche nella creazione delle storie?
In realtà, prima di Enterprise il mio lavoro era quasi tutto nella riscrittura delle sceneggiature. In più Enterprise è una serie maggiormente basata sui personaggi piuttosto che sui concetti. Essendo più vicino a noi, possiamo osare di più a livello emotivo. Anche dal punto di vista sessuale possiamo osare un po' di più vista la natura di queste persone. Non che Sisko, Janeway o Picard siano asessuati. Anzi, Nemesis dimostra il contrario. Eppure dopo ventuno stagioni complessive, circa cinquecento episodi abbiamo sempre una grande difficoltà nel conoscerli da un punto di vista strettamente personale. Rendere più pepata Enterprise serve a rendere più credibile l'intera narrazione.
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