Ogni due metri circa tre punti luce arancio disposti a Y rovesciata illuminano l'ambiente, in modo da evitare che uno privo di visori notturni e non accompagnato da un modello vada a sbattere contro la paratia.
A intervalli più o meno regolari fisso i tre corridoi ovviamente vuoti. Sarebbero abbondantemente bastati i modelli per montare la guardia a quest'accidenti di porta: noi due ci troviamo qui in omaggio ai principi base del Concilio. "Ogni essere umano, anche il peggiore deve avere un'occasione". Un'occasione per che cosa?
Scambiare due parole è impossibile, ogni volta che ho aperto bocca uno dei due modelli mi ha fatto notare che emissioni non pertinenti disturbavano la sorveglianza.
Il nostro turno termina alle 10.00 tempo-nave, il che significa come minimo altre tre ore di noia. In casi come questo, tanto per passare il tempo, scelgo qualche frammento della mia vita: una gita fatta da bambina, una notte di bisboccia, il mio primo volo alla Via d'Argento. Cerco di ricostruire senza trascurare nulla i luoghi, gli oggetti, i visi, le luci. Da quando sono qui evito di soffermarmi sulla Via d'Argento perché so che non riuscirò più a ritornarvi. La stessa sorte del Conciliatore, ma non posso dire che questo mi consoli.
Posso chiedermi come sono arrivata qui, ma anche questo non mi esalta. Di peggio c'è solo da chiedersi come finirà.
Vengo da Ettilìa, la seconda città del continente. Il continente, la Formica, occupa buona parte dell'emisfero boreale di Bia. Si chiama così perché a vederlo sullo schermo di un traghetto una formica è la prima cosa che viene in mente a nove persone su dieci. Cosa fa venire in mente ai modelli non lo so, nessuno glielo ha mai chiesto.
Ettilìa sta sulla punta dell'antenna destra della formica, ossia quella più alta. Le due antenne della formica racchiudono il Piccolo Mare Grigio, mentre il Grande Mare Grigio pesa sulla schiena di Formica, coperto di ghiaccio per otto mesi all'anno. Un anno di Bia sono più di quindici mesi standard. Questo significa molta più inerzia termica che sulla Terra, un freddo che sembra diventare sempre più freddo e un caldo che almeno per un mese all'anno sembra di soffocare. La Terra. Mi sarebbe piaciuto vederla, ma devi essere invitata. Lì non vogliono nessuno che non ci sia nato lì o non sia molto più importante anche della persona più importante che io sia mai riuscita a conoscere. Della Terra ho visto delle olografie. Ne ho ancora una, da qualche parte. C'è una casa, con il tetto rovinato e coperto di verde e dietro la casa un bosco che sale verso la cima di una montagna. Un bosco molto fitto accarezzato dalla luce gialla del Sole. Su Bia non ci sono boschi, solo licheni e muschi e alghe. E pietre, sabbia, crateri, pareti di roccia che salgono all'improvviso per centinaia di metri. Un pianeta che sembra fatto di fondali da film ma che comunque, a pensarci adesso, mi piaceva. O forse non è che mi piacesse: semplicemente lo amavo. C'era poco ossigeno su Bia, quando ci sono arrivati, meno del tre per cento. Per arrivare al venti per cento scarso che serve a noi per respirare hanno dovuto lavorare parecchio sulla flora oceanica e anche così quando sono nata io la gente aveva smesso di usare i respiratori da poco.
Ettilìa non è poi un posto così brutto. C'è una strada che corre per tutta la lunghezza dell'antenna - quella della formica - e seguendola ci si arriva. Le case sono rivestite di un materiale nero e opaco per attirare e conservare il calore. Con un frammento di gesso si possono fare bellissimi disegni sulle pareti delle case, almeno finchè non arriva un modello a farti smettere. Io disegnavo baluse, cioé balene-meduse, in genere. Era la trina che orlava il grande ombrello a venirmi benissimo. Tutti hanno qualcosa che viene particolarmente bene, nella vita. Per me era la trina dell'ombrello delle baluse. Era come una rete fatta di tanti piccoli rombi...
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