Lui si rende conto del mio umore e reagisce all'istante. E' una sua qualità. Quella che lo ha portato in alto, probabilmente..

- Fra', lasciaci soli.

Zerbi esita, mi lancia un'occhiata da entomologo, poi raccoglie il PDA e esce chiudendosi la porta alle spalle. - Caldo maledetto... - lo sento biascicare tra i denti.

Restiamo soli. Io mi siedo sulla sponda del letto. La stanza di Livio è ampia, luminosa. Sul soffitto, alto a campana, secoli fa qualcuno ha dipinto una composizione pittorica di santi in tonaca e angeli dai boccoli biondi. Fuori dalla finestra, tra le cime dei cipressi del Gianicolo, si intravede la cupola del Bernini. Un raggio di luce filtra dal riquadro di vetro e fende l'aria della stanza, tracciando un cono dai contorni netti al cui interno il pulviscolo sembra danzare.

- Ho sbagliato? - chiede lui.

- Tu che ne dici?

Il suo sorriso si allarga un poco. - Vivaddio ho sempre pensato di essere un uomo che impara dai propri errori. Da quando sto su questo letto, ho imparato moltissimo... Perdonami, tesoro. Ti prometto che non ti nasconderò più nulla.

Ha un tono sincero. Però mi sembra che la prenda con troppa leggerezza. - Da quanto tempo hai...?

- Firmato il contratto? Nove anni fa.

- Perché?

Lui sembra stupito. - Dubiti che sia stato utile? Guarda cosa mi è capitato...

- Certo, ma...

- Tesoro, quando si entra nel giro che conta, ci si fa inevitabilmente dei nemici. Ho pensato al futuro, alla mia famiglia...

- Il giro che conta... - ripeto io - Vuoi dire la politica, vero? Ed era veramente necessario entrarci?

- Che vuoi dire, tesoro?

- Forse per il tuo futuro sarebbe stato meglio se fossi rimasto nel tuo mondo, a dirigere le fabbriche che...

Lui scuote la testa. - Un vicolo cieco, tesoro. In questo Paese la grande industria non tende ad assumere una posizione di leadership o di indirizzo nello sviluppo. Si limita a estorcere alla Pubblica Amministrazione commesse di favore, contributi e finanziamenti. Solo passando dall'altra parte si ha la possibilità di cambiare concretamente le cose.

Sospiro. Non posso competere con lui su questo fronte: Livio è un trascinatore naturale, riuscirebbe a vendere frigoriferi agli esquimesi.

Cambio argomento. Voglio che lui sappia su cosa ho rimuginato in questi giorni. E in queste notti, quando mi destavo di soprassalto con quel pianto silenzioso ancora davanti agli occhi.

- Livio, hai mai pensato che i cloni sono esseri umani come te e me?

Lui corruga la fronte, come a farne defluire i pensieri. - Tesoro, che stai dicendo?

- Tu hai mai visto il tuo clone, Livio?

Alza gli occhi al cielo. Incrocia i volti gravi dei santi seicenteschi e sospira. - Rita, tesoro, ascoltami. Se non avessi avuto la mia riserva d'organi, sarei morto. Morto, capisci?

Questo lo so bene. Perché deve ricordarmelo? All'improvviso ho un nodo in gola.

- Livio, io non sono una stupida. Non so dirti quanto abbia pregato perché tu ti riprendessi. Come avremmo fatto, io e Marco, se tu ci avessi lasciato?

- Vivaddio non è successo. - mi rassicura lui - Non succederà.

E sorride. Ancora quella leggerezza. Come se non fosse avvenuto nulla. Come se fosse finita e tutto potesse tornare come prima. No, non è così. Odio quanto sto per fare, ma devo sapere come la pensa davvero l'uomo con cui ho diviso la mia vita. Stringo i denti. E lo dico.

- Livio... Perché non succeda, deve proprio esserci un altro essere umano con la tua faccia imprigionato in un sarcofago e imbottito di droga affinché non si ribelli quando gli aprono la carne e gli tagliano via le viscere?