- Antonio? - esclamo sbalordita - Che diavolo ci fai...

Lascio la frase incompiuta quando mi accorgo che non è solo. Abbarbicata alla sua gamba destra, con la testina che arriva a stento al ginocchio di lui, vedo una bambina che potrà avere due, tre anni al massimo. E' paffuta, cicciottella. Ha un ciuffo di capelli d'inchiostro, lo sguardo spaurito e leggermente strabico. Particolare che prima mi fa sorridere e poi scuotere la testa, indossa una tutina con gli stessi colori e la stessa scritta della T-shirt di Antonio.

- E' tua figlia?

Lui si dondola sulle gambe in quella posa indolente che, ricordo, era una delle sue manie. Fa per rispondere. Poi sembra ripensarci.

- Chissà. - mormora alla fine - Avrebbe potuto essere nostra figlia. Ci pensi?

Sì, ammetto a me stessa. Avrebbe potuto. In quel passato remoto in cui la mia vita e quella di Antonio si sono allacciate e, come diceva Wilde, le nostre due anime si sono sfiorate. Quel passato in cui ero giovane e stupida.

Adesso sono soltanto stupida. Se non lo fossi, Antonio si sarebbe già beccato uno schiaffo.

Mi sforzo di trattarlo freddamente. - Sei venuto per dire sciocchezze o hai un motivo preciso?

Lui scoppia a ridere. Un gesto liberatorio che mi ricorda incredibilmente la risata di mio marito. In quel momento realizzo: Antonio e Livio si somigliano. Non fisicamente, intendiamoci: la loro è una comunanza che va più in profondità dell'epidermide. Non ci avevo mai riflettuto, ma adesso guardo l'uno e mi sembra di vedere l'altro.

Questo dovrebbe dirmi qualcosa? Non lo so, rifiuto di pensarci.

- Sono in visita di cortesia. - assicura. Poi il suo tono si fa sornione. - Non mi offri un caffè?

Maria è già sulla soglia con il vassoio in mano. Quella donna è incredibile. Non è quello che si dice una cima, ma ha la capacità di essere sempre al posto giusto al momento giusto. Quanto al suo caffè, a volte penso che sia nata con la moka al posto del cordone ombelicale.

Nonostante sia più grandicella, la bambina di Antonio (si chiama Lucia, mi dice, un gran bel nome) familiarizza subito con Marco. Di comune accordo mettono le manine sui cubi a incastro della Playmobil, e dopo qualche minuto sono in piena sinergia creativo/ludica. Ne sono piacevolmente sorpresa. E mi rilasso.

Antonio vuota la tazzina in un solo sorso e poi si mette a giocherellare con il cucchiaino. Dejà vù. Curioso come le piccole manie sopravvivano agli anni. Le manie e i modi di dire. Come quel suo "straordinario". Oppure... qual era il suo motto? "Un buon esempio rende il mondo immensamente migliore". Lo diceva sempre. Prima di compiere, ogni volta, qualcosa di veramente stupido.

- Come sta tuo marito?

- Molto bene. Lo dimettono la settimana prossima.

- Ne sono lieto. - commenta lui - Gli hai parlato?

- Di voi? Certo.

In realtà con Livio ho glissato sui dettagli della visita notturna nella cripta del Sacro Cuore. Ma non vedo perché dovrei rivelare ad Antonio queste mie reticenze. Che creda ciò che vuole.

- E... i suoi commenti? - chiede lui, quasi distrattamente.

- Dice che siete una banda di anarchici paranoici, bugiardi e oscurantisti.

Lui solleva un sopracciglio. - Soltanto? Straordinario.

Cerco in giro Maria. E' scomparsa. Non capisco come faccia: quando quella donna vuole essere discreta, sa rendersi invisibile.

- Dice anche che non avete diritto di spaventare le persone con i vostri discorsi truculenti e le vostre provocazioni.

- Ha ragione. - commenta seraficamente lui - Pensare liberamente può portare all'inquietudine: è più sicuro non pensare affatto.