Stenwall risponde con un inchino - Il cuoco ringrazia.
- Vuol... vuoi dire che... - la confusione aumenta.
- Certo. Mi piace molto cucinare. A proposito, la tua tirata di stamattina sull'arte e la buona cucina... molto imprudente, ma assolutamente condivisibile.
- Anche quella hai ascoltato?
- L'unità era accesa, non ricordi? E la mia auto ha un impianto di amplificazione molto sensibile. Ero curioso di ascoltare il seguito, ma quando quei due stronzi hanno cominciato a litigare... ho dovuto cogliere l'occasione. Che altro avevi intenzione di dire?
Si stringe nelle spalle. NON aveva intenzioni, se non quella di testimoniare il suo disprezzo.
- Sembravi molto padrone di te, ammirevole, in un certo senso. Ma dimmi, non avevi paura?
Altra stretta di spalle. Impossibile rispondere adesso. E' tutto scivolato via dalla mente, la rabbia e la paura e soprattutto la calma sensazione di essere giunto al suo capolinea.
Stenwall lo fissa, pensieroso.
- La paura è preziosa, va tenuta a bada perché annebbia la mente, non negata. - Lo mette in guardia.
- Ogni Argento si è già giocato la vita almeno una volta. Forse ci manca l'istinto di sopravvivenza. - Risponde più tagliente di quanto avrebbe voluto.
- Già - commenta Stenwall con un sorriso di scuse e lascia cadere il discorso. - Sono molto soddisfatto che tu abbia apprezzato la mia cucina. In ogni caso non c'erano alternative, questa mattina ho dato un giorno di libertà al mio cameriere e alla signora che lo aiuta nelle faccende. La discrezione è un'altra virtù molto apprezzabile, non credi? -
Sorride ancora, come per uno scherzo di cui solo loro conoscono il significato. Un sorriso complice, che lo sfida a pronunciarsi.
- Mi piacerebbe vedere la 5... - dichiara per nascondere l'imbarazzo.
- Sicuro. Avremo tempo domattina, quando starai meglio. A meno che tu non insista...
No. Non insiste. Stenwall ha già dimostrato di essere intuitivo, tempestivo e determinato. L'ha tirato fuori dal più grosso guaio che gli sia mai capitato, dopo il contagio, gli ha offerto cure e ospitalità. Perché dovrebbe insistere, rifiutare, rifiutarsi?
La mano di Nicolas è calda e rassicurante sulla sua.
- Un sorso di brandy? O preferisci del genever?
Anche il suo alito è caldo e il sapore aspro del ginepro invecchiato gli procura un brivido di piacere. - Chiude gli occhi, ascoltando curioso il respiro un po' roco del compagno.
- Vieni. Starò attento ai lividi e alle medicazioni...
Non è il timore di soffrire a irrigidirgli le membra, a farlo rabbrividire.
- Sei di nuovo tutto d'argento, lo sai? - gli bisbiglia all'orecchio.
- Mi sento meglio. Ci sentiamo tutti meglio, loro e io.
- Lo vedo - Nic sorride e sfrega il viso contro il suo collo. - Mi piace la tua pelle, anche quando non brilla. Non speravo di poterti avere qui, con me, così presto... - soffoca una sbadiglio - Quei tre bastardi, in fondo, ci hanno fatto un favore. O forse - si appoggia all'indietro contro il cuscino e lo scruta ansioso - l'hanno fatto soltanto a me?
- A tutti e due. Per quanto... Avrei apprezzato anche un intervento meno irruente della sorte... - Allunga la mano verso la bottiglia di vino in fresco e avvicina le labbra all'imboccatura. Poche gocce, ma una strana sensazione di trasgressione, l'ansia di godersi quel dopo, cullato dalla musica rarefatta, dal mormorio di quella voce fino a poche ore fa così poco familiare.
Nicolas annuisce e gli accarezza il polso mentre prende la bottiglia - Mi sentivo male per te, ad aspettare, ma dovevo entrare a tempo, capisci?
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