In un certo senso quindi sei partito subito dal genere fantastico. Pensi che scrivere fantascienza quindi sia una cosa naturale, che hai nel sangue, o una scelta precisa?
Non so se ce l'ho nel sangue, ma di una cosa sono sicuro: la fantascienza non si sceglie, è lei che in qualche modo trasversale e misterioso sceglie te. Hai mai visto qualcuno che di spontanea volontà entra in una libreria e, non sapendo cosa acquistare perché magari non è ferratissimo, va a comprare un libro di fantascienza? Io, mai. Ci vuole almeno un amico del quale ti fidi ciecamente, o una bella trance letteraria.
In ogni caso, che vantaggio pensi ti dia la scelta di questo genere rispetto, per esempio, alla narrativa normale?
Mi stai dando dell'anormale? Dal mio editore non me lo sarei mai aspettato. Secondo me i vantaggi sono legati all'ambito ristretto, nel senso che se da una parte la visibilità è poca perché il mercato è quello che è, dall'altra ti permette di entrare in contatto con persone che di editoria e scrittura sanno veramente tanto, e se uno ha voglia di imparare si trova immerso in una vera e propria miniera d'oro. Credo che nel mainstream queste occasioni siano molto limitate e forse è per questo motivo che nella maggior parte dei casi nel genere "normale", come dici tu, si è costretti a leggere certe cose, nonostante la spocchiosità di chi le scrive. Diciamo che ho istintivamente appreso, cosa alla quale non rinuncerò mai, a guardare sotto la superficie delle cose. Inoltre mi ha permesso di avere un numero incredibile di amici in più, la soddisfazione più grande.
E ora avrai anche una schiera di fan! Ma torniamo alla storia della tua vita. Il tuo esordio nel mondo della fantascienza è stato col botto: subito vincitore del Premio Courmayeur. Cosa ricordi di quella esperienza?
A dire il vero nel 1996 era arrivato l'Alien...
Ok, ho sbagliato...
Il Courmayeur lo vinsi nel 1999 e fortuna volle che quell'anno l'Italcon, e la conseguente premiazione, si tenesse a S.Marino, due passi da casa. Un'esperienza incredibile perché sapevo di essere finalista e basta, ovviamente, e quando la giuria cominciò a snocciolare i finalisti partendo dal decimo fino al secondo, mi voltai verso il mio vicino in platea, che non conoscevo, e gli spiegai, preso dal panico, che probabilmente c'era stato un errore perché il mio nome non era stato detto. Lui, molto razionalmente, evidenziò che ne mancava ancora uno. Il panico a quel punto divenne terrore. Poi all'uscita un tizio guardò il tesserino che avevo sul bavero della giacca, lesse il nome e disse: - Ah, ma tu sei Alberto Cola, il vincitore del Best of Delos dello scorso anno!
Assurdo che quello stesso tizio mi stia intervistando oggi, non credi?
Nel tuo sito dici che il tuo racconto migliore è Mishima Boulevard, che è appena uscito su Robot ma che, in effetti, è uno dei primi che hai scritto. Una carriera in discesa, dunque?
E che guarda caso è quello che vinse il Courmayeur. Quindi, per precisione, quella che tu definisci carriera in discesa potrebbe anche essere un'arrancata in salita per stargli dietro. A parte gli scherzi, lo sento mio in modo speciale, ma non tanto per il tempo che ci ho speso, quanto per il fatto che amo molto lo Yukio Mishima scrittore e quel racconto l'ho sempre visto come una sorta di tributo al quale non sono riuscito a oppormi; difficile da descrivere, ma le parole non venivano dalla testa. Ad oggi è l'unico mio lavoro che, dopo averlo terminato, mi ha fatto pensare: "è perfetto così". E mi ha ripagato alla grande.
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