La fantascienza è in grado di portare qualcosa di nuovo alle riflessioni sui diritti umani? E queste riflessioni possono dimostrarsi in qualche modo utili alla fantascienza? La mia risposta è affermativa in entrambi i casi.
Secondo molti, per esempio Arjun Appadurai - uno dei massimi studiosi della dimensione culturale della globalizzazione -, l'immaginazione è un concetto sempre più importante nel mondo contemporaneo. Sono aumentate esponenzialmente, in questi ultimi anni, le possibilità di scegliere il nostro modo di vivere, ed è su questo che l'immaginazione si rivela tanto importante: siamo noi a immaginare la nostra identità, suggestionati dai messaggi che ci vengono trasmessi dai mezzi di comunicazione. E i romanzi e il cinema si sono dimostrati, storicamente, un mezzo formidabile nel formare l'immaginario delle persone.
I diritti umani hanno bisogno, per affermarsi, di penetrare nell'immaginario e per far questo devono, a mio avviso, sfruttare le possibilità offerteci anche dalla letteratura e dalla cinematografia. Se è quindi vero quanto ho detto finora, le riflessioni sui diritti umani possono trarre vantaggio introducendosi in qualunque genere narrativo.
Ma perché proprio la fantascienza?
In primo luogo perché la fantascienza si è imposta come il genere dell'immaginario per eccellenza. La sua capacità di immaginare mondi e di riflettere su di essi non è seconda a nessun'altro genere. Prendiamo a esempio tutto il genere di fantascienza utopica e distopica, con capolavori come 1984, Il mondo nuovo, I reietti dell'altro pianeta, ecc... E' evidente come il dipingere certi scenari ci permetta di ragionare sulle possibilità e sui problemi cui ci si trova di fronte (ci sono poi così tante differenze fra il mondo di 1984 e la Pyongyang degli ultimi decenni?) e quindi, eventualmente, di giocare in anticipo, di valutare prevenitivamente problemi e conseguenze di situazioni ancora di là da venire. La fantascienza ci può permettere, per esempio, di ragionare su eventuali pericoli per i diritti umani che possono seguire determinate innovazioni tecnologiche e talune scoperte scientifiche, su fenomeni che sono già sotto gli occhi di tutti, a partire dai diritti di seconda generazione (economici, sociali e culturali), di terza (o di solidarietà, quindi alla pace, allo sviluppo, all'equilibrio ecologico, al controllo delle risorse naturali, alla difesa ambientale, ecc...) e in particolare per quella nuova categoria di diritti che si sta, faticosamente, cercando di definire. Si inizia a parlare infatti di diritti di quarta generazione, per indicare diritti relativi al campo delle manipolazioni genetiche e delle nuove tecnologie di comunicazione (ed è proprio per questa categoria di diritti che, credo, la fantascienza possa fornire, e forse ha già anche fornito, degli spunti teorici notevoli).
Ponendo il discorso in altri termini possiamo dire che se, come sostiene Ballard, il vero mondo alieno è il nostro, la fantascienza è un genere che ci permette di analizzarlo e, forse, comprenderlo meglio di altri: un genere dunque adatto a indagare ogni problema sociale, anche quello dei diritti umani.
Ma la fantascienza ci concede anche un altro vantaggio non indifferente: è un genere amato e apprezzato in gran parte dalle nuove generazioni e, se si vuole riporre qualche speranza nell'affermazione dei diritti umani, mi sembra ovvio partire dai più giovani. Credo, insomma, che la fantascienza possa essere un modo interessante, e magari divertente, per fare "educazione ai diritti umani". Certo, sarebbe bene evitare testi moralistici o troppo didascalici, che tendono ad allontanare qualunque lettore, ma è legittimo - oltre che interessante - presentare degli spunti e riflettere su di essi. E credo che la fantascienza in questo abbia pochi concorrenti.
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