Quindi, sì, l'accusa di essere ideologici e militanti agli organizzatori di Omelas è giustificata. Noi però non riteniamo che tutta la fantascienza debba essere riassunta nei tipo di racconti che vorremo ricevere per il Premio Omelas. Vogliamo semplicemente dare a chi ha i nostri interessi la possibilità di esprimersi scrivendo. Molti dicono che una letteratura che intende trasmettere messaggi di per sé non sia letteratura, non vada presa in considerazione. Io credo che Orwell, scrivendo 1984, intendesse lanciare dei messaggi; non per questo il suo romanzo è stato svuotato di senso, di significato, di dignità letteraria.
Del bilancio delle prime edizioni del premio Omelas si parla in un altro articolo di questo speciale, da parte mia posso constatare che i racconti, scritti sicuramente per passione e per interesse al tema erano, talvolta, anche molto belli; spesso, però, gli autori sembravano vittime di una trappola mentale: cominciavano un racconto sui diritti umani e finivano catturati da leggende metropolitane, da interessi soprattutto occidentali, da suggestioni e ossessioni anche televisive, ad esempio i cloni o i trapianti di organi.
Ci sono modi letterariamente validi e non ovvi di trattare certi argomenti. Greg Egan ha scritto un racconto proprio su cloni allevati appositamente come materiale da trapianto, esplorando - caso più unico che raro nella fantascienza - il punto di vista personale del clone. I protagonisti di altri suoi racconti sono invece intelligenze artificiali e perfino un programma che viene eseguito da un calcolatore. Questo cambio radicale di punti di vista è un modo efficace di mettersi nei panni dell'Altro. Un altro suo racconto molto bello, Nel suo bozzolo (Cocoon) è un modo singolare di riflettere sull'omosessualità. Il protagonista, un gay pienamente integrato nella società e senza alcun desiderio di rivendicare la propria diversità, scopre che una società farmaceutica ha appena messo a punto un prodotto che filtrerà in maniera assoluta qualunque sostanza possa penetrare oltre la barriera placentare. La nuova tecnologia, di per sé buona verrà però presentata implicitamente al pubblico come la garanzia assoluta di non avere figli omosessuali (una condizione che nel racconto viene attribuita all'esposizione del feto a particolari sostanze ormonali materne). Il protagonista comprende, così, che nel giro di un paio di generazioni non esisteranno più né i gay né la loro cultura. Cocoon è un racconto molto sottile, che parla degli abusi della scienza e delle ricadute della nostra tecnologia, ma anche di identità, di diversità.
Ecco, a noi sarebbe piaciuto ricevere racconti di questo tipo.
Oltre alla scienza, anche molti altri processi evolvono in maniera non positiva nel nostro mondo, ad esempio la globalizzazione, che non è soltanto comunicazione totale e abolizione delle barriere; la medicina, che spesso altrove non è accessibile nemmeno nelle sue forme più elementari; la tortura, che ormai non serve ad estorcere informazioni, a punire, ma come forma di controllo sociale, esercitato sui leader dell'opposizione per intimorire tutti gli altri. Queste tematiche sono davvero impossibili da trattare in maniera fantascientifica? Non ho risposte, naturalmente. Forse una difficoltà è che queste realtà sono ancora poco conosciute. Forse certi argomenti richiedono un'attenzione, una sensibilità particolari per essere affrontati, per essere raccontati, del resto come scrive John Conroy: "Penso che sia possibile mettere nero su bianco una descrizione di tutti gli orrori della tortura in modo tale che una moltitudine di sopravvissuti annuisca e dica: 'Sì, questa è una rappresentazione adeguata del dolore che ho provato.' Ma il prodotto di un simile esercizio sarebbe un libro troppo doloroso perchè la maggior parte della gente possa leggerlo. Quelli che riuscissero a raggiungere l'ultima pagina ne avrebbero gli occhi velati e il cuore indurito."
Noi di Omelas crediamo sia possibile scrivere fantascienza parli di diritti umani, vorremmo contributi che oltrepassino il quotidiano, il nostro orizzonte culturale occidentale, perché siamo convinti che la fantascienza, rispetto all'altra narrativa, come una lente, come un cannocchiale, sia uno strumento per farci guardare oltre.
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