A parte il mio effettivamente gratuito sarcasmo, questo è a grosse linee il quadro nel quale gli Stati Uniti si muovono. Un mondo che vede sempre di meno gli Stati Uniti al centro di sé. La Cina progredisce con ritmi di crescita impressionanti promettendo di diventare già da sola nel giro di qualche decennio la prima potenza economica del mondo (per il 2008 dovrebbe avere già superato Francia e Inghilterra). La Russia non è una nazione di allocchi, e appena avranno ristrutturato la propria organizzazione produttiva ne vedremo delle belle. L'Europa, pur muovendosi al rallentatore e con pochissima grazia, si unisce alla ricerca di un'identità comune che le permetta di fare massa critica e muoversi come un organismo unico. Tutto questo sviluppo (soprattutto quello della Cina) comporta anche un fabbisogno sempre crescente di petrolio a livello globale, a fronte di una sempre più rapida riduzione delle riserve, e comunque ad un mancato aumento delle capacità produttive, il che spinge il prezzo del petrolio al rialzo.

Questo quadro non piace per nulla agli Stati Uniti, anzi, è per gli Stati Uniti la concretizzazione del peggiore degli incubi. E sulla torta volete metterci anche la ciliegina? Beh, eccola: l'Iraq, detentore della seconda tra le riserve di petrolio del mondo, aveva da poco iniziato a imporre l'euro, anziché il dollaro, come moneta di scambio per il proprio petrolio. Cosa succederebbe all'impero americano se questa nuova usanza prendesse piede? (www.guardian.co.uk/Iraq/Story/0,2763,922217,00.html) Pare che già Iran, Russia e Venezuela avessero preso in considerazione questa opportunità. Secondo gli analisti, se si diffondesse la pratica di utilizzare l'Euro al posto del dollaro come moneta di scambio per il petrolio gli Stati Uniti si ritroverebbero a fronteggiare la peggiore delle catastrofi economiche in tutta la loro storia, soprattutto in considerazione della loro già difficile congiuntura economica. (www.nexusitalia.com/settimana10160303.htm) La decisione di assumere il controllo dell'Iraq è stata quindi per gli Stati Uniti probabilmente una questione di vita o di morte.

Dimenticate tutte le ciance su diritti umani, regimi inumani e armi di distruzione di massa! Le guerre hanno sempre ragioni più serie, che in tempi moderni non è elegante menzionare. E non crediate che l'opposizione di Francia, Germania, Russia e Cina abbia a che fare con problemi di tipo morale. A questi livelli la morale è eventualmente un pretesto demagogico per fare o non fare le cose, mai però una causa. Nessuno qui è Buono. Le nazioni sono organismi amorali. Ma alcuni sembrano più Cattivi di altri, perché hanno speso troppo per gli effetti speciali e troppo poco per la sceneggiatura. E' l'unica cosa che oggi li accomuna a Hollywood. Ma Hollywood, pur risparmiando sulla sceneggiatura, non dimentica gli stereotipi da rispettare così che si capisce sempre senza alcun dubbio chi sono i Buoni e chi i Cattivi. Ricordatevi, qui non stiamo parlando della realtà, della quale comunque sappiamo ben poco, qui stiamo parlando della rappresentazione della realtà, del nuovo colossal mediatico d'ispirazione bellica in scena nei nostri cervelli televisionati, l'unica cosa vera che noi tutti vediamo. E non è un caso che il vecchio Rumsfeld, che a differenza di Bush sa perfettamente quello che dice, nei primi giorni di guerra ammoniva con sincera preoccupazione che ciò che si vede in televisione sono solo delle sezioni di guerra, non sono l'intera guerra nel suo insieme, e che il fatto di seguirla incessantemente in tivù la fa sembrare molto più lunga di quanto in realtà sia. Ed è proprio così. I telespettatori sono ormai programmati a percepire gli eventi secondo i ritmi ed i tempi televisivi e cinematografici, ed essendo stato Iraqi Freedom sceneggiato per essere un videoclip, la sua inaspettata trasformazione in soap opera truculenta ha messo in grave allarme la produzione; perché per quasi tre settimane gli spettatori hanno atteso un happy end che non arrivava mai.