Rick Berman ha annunciato di recente che alla prossima stagione di Enterprise verrà impressa una svolta creativa che la renderà differente da quella di adesso. Da quello che ha rivelato, possiamo immaginare che potrebbe scoppiare un conflitto contro i Klingon e, quindi, l'atmosfera non sarà più quella di un Archer simpatico, ma un po' bambinone nei confronti degli alieni, specialmente degli sconosciuti.
Questa svolta è un bene, oppure un male? Dare un giudizio in questo momento è quantomeno inutile, in quanto, probabilmente, nemmeno Barman stesso sa esattamente quali saranno le storie del prossimo anno, ma ci potremmo basare su un precedente, anche se poco applicabile. Il precedente è, ovviamente, quello di Deep Space Nine, che dalla quarta stagione in avanti ha subito un cambiamento radicale, già annunciato dalla sigla di testa, che ha prodotto una sequela di episodio tra i più odiati o amati dal fandom, a seconda delle posizioni (io mi schiero tra i secondi).
Quindi Barman starebbe per ripercorrere lo steso sentiero tracciato da Deep Space Nine? Difficile dirlo, per due principali motivi. Il primo è che Berman non ha mai nascosto la sua avversione per la piega presa da Deep Space Nine, tanto da ammettere pubblicamente che gli scrittori sono andati spesso fuori dal suo controllo ("per fortuna" dicono alcuni maligni). E' un fatto che, sic stantibus rebus, non vedremo mai un sequel o un film su Deep Space Nine: la serie probabilmente avrà una propria vita, possibilmente lunga e prospera, nei romanzi. Il secondo motivo è che a Enterprise manca la materia prima che in Deep Space Nine era disponibile in grande quantità, mi riferisco a persone del calibro di Ira Steven Behr, Hans Beimler, René Echevarria, Ronald D. Moore, Bradley J. Thompson e Robert Hewitt Wolfe, per citarne alcuni. Questi non sono nomi tirati a caso, ma, come i più attenti avranno indovinato, sono alcuni degli autori delle storie di Deep Space Nine, ovvero sono tra le persone che trasformano un mazzo di fogli bianchi in una storia televisiva di alta qualità; vi rimando ad HyperTrek o ad altre fonti analoghe per l'elenco di episodi scritti o sceneggiati dalle persone che ho citato, in quanto in questo contesto sarebbe eccessivamente lungo e logorroico. Ovviamente non ci sono solamente gli scrittori e gli sceneggiatori, ma, stando a quanto è stato raccontato alla scorsa Deepcon, pare che Enterprise non abbia (ancora?) dato vita a quell'armonia tra scrittori, registi, attori, falegnami, truccatori, elettricisti, addetti agli effetti speciali, eccetera che si poteva respirare in Deep Space Nine o in altre serie. Le mie potrebbero essere solamente teorie, ma, per quanto riguarda gli scrittori, vi invito a fare un confronto molto semplice. Guardate gli autori delle storie delle prime due stagioni di The Next Generation, Deep Space Nine, Voyager ed Enterprise. Nell'ultima serie c'è un particolare che a me era suonato come un campanello d'allarme, confermato recentemente con una chiacchierata con Lolita Fatjo. La stranezza è l'eccessiva occorrenza dei creatori della serie tra gli autori delle storie dei telefilm, un fatto molto inusuale in Star Trek, uno spettacolo in cui i creatori stabiliscono le premesse e il contesto in cui si svolgono le azioni e in seguito un team di scrittori professionisti (a cui si uniscono, magari, alcuni esterni) redige, in maniera spesso corale, le storie degli episodi. Sia chiaro, questa strategia non è l'unico metodo possibile per creare e mandare avanti una serie di successo: J. Michael Straczynski ha dimostrato con Babylon 5 che è possibile un approccio diametralmente opposto, se si ha, ovviamente, in testa una buona storia (e ritorniamo sempre allo stesso punto: la storia da raccontare).
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