La folla si ritirava, risucchiata verso il quartiere oltre la strada, in silenzio, stanca. Sotto le luci del cielo la fila che rifluiva sembrava un assurdo animale con mille piccole gobbe.
- Isèl! - gridò Verglas.
* * *
Di nuovo soli sulla spiaggia, Kladis e Verglas si rannicchiarono nel vuoto, circondati soltanto dai resti della festa quotidiana e senza speranza, che ogni volta veniva consumata. E tutta la notte passò così, nell'immobilità assoluta e nel silenzio.All'avvicinarsi dell'alba, l'orizzonte si fece più marcato e il mare cominciò a separarsi dal cielo. Oltre la strada, il vetro dei grattacieli diffondeva i primi riflessi di luce; quelle costruzioni restavano affondate nello spazio col disegno perfetto delle loro architetture simmetriche, rigide.
Verglas dormiva ancora, con i piedi coperti di sabbia. Kladis era già a osservare il mare.
Diveniva più chiaro, e più caldo, ma era sempre fermo e vuoto.
Poi, d'improvviso Kladis disse: - Svegliati! Ci siamo.
Verglas si alzò e guardò verso l'orizzonte, più lontano che poté.
- No, non così lontano - disse Kladis, che si era accorto dell'eccessivo sforzo ottico dell'amico. - E' più vicino.
Era più vicina, infatti. Sembrava una piccola isola e si era disegnata sul mare uscendo d'un tratto dalla luce: una macchia scura, tondeggiante, deserta, unica.
- Non è possibile! - esclamò Verglas.
Sembrava davvero impossibile, ma la balena si avvicinava velocemente, senza alzare spruzzi, senza muovere l'acqua; l'avresti detta ferma, incastrata come un enorme scoglio eppure avanzava, e la sua sagoma ingigantiva. E man mano che si avvicinava, se ne poteva definire la velocità. Era una corsa folle verso la riva. Si poteva sentire adesso quasi il suo ansimare, il fondo e buio respiro che ne testimoniava la fatica.
Verglas si era avvicinato all'amico, le falde dei due cappelli si erano sovrapposte; i loro occhi stavano come uno schermo inutile tra la balena e la riva.
Poi, d'improvviso, l'animale si arrestò, violentemente, come se qualcosa l'avesse trattenuta.
- Ha toccato il fondale! - disse Kladis.
La spuma sollevata da quella brusca frenata le saliva sui fianchi e ricadeva scivolando nel mare. Un getto d'acqua dal centro della testa si alzò potente nel cielo rosa e le ripiombò sul dorso.
La balena ora giaceva immobile a pochi metri dalla riva; solo un occhio appariva in superficie, l'altro era invisibile nell'acqua. Quell'unico occhio si ammorbidiva nella luce riflettendola stancamente, ciecamente. Poi cominciò ad affondare per raggiungere finalmente il buio.
* * *
La punta estrema della gobba del sole era apparsa a sinistra, e i raggi, rasi sulla superficie, battevano già come il fuoco sul ferro incandescente. Colpirono il corpo della balena che sussultò muovendo onde d'acqua intorno. Un ultimo e disperato movimento della coda segnalò a Kladis l'inizio del giorno. Di un altro impossibile ed infocato giorno.Dovettero ritirarsi subito, non appena un altro pezzo di sole si liberò dall'orizzonte affacciandosi con ferocia sulla spiaggia.
Verglas sudava abbondantemente sotto il cappello e teneva gli occhi socchiusi; Kladis si proteggeva col braccio. I resti delle braci accese per cucinare il pesce incominciarono di nuovo a fumare; indefinibili sagome di esseri carbonizzati lasciavano sprigionare un fetido fumo nerastro.
Kladis e Verglas non si accorsero dell'uomo che si era avvicinato, e che stava adesso alle loro spalle, anch'egli intento a osservare il corpo della balena che si disfaceva nella luce, crollando come una montagna di neve sporca sotto il fuoco di un vulcano, esplodendo come una gigantesca bolla di sangue, con mille riflessi di luce e di carne ancora viva. Scomparve infine, disciolta come un assurdo gelato.
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