Come immaginavamo noialtri (classe 1940 o giù di lì) il futuro, e segnatamente il Duemila - anno che era più che altro un simbolo - nel 1952, il glorioso anno della nascita di Urania e dell'importazione in Italia del genere "fantascienza"?
Bé, lo immaginavamo (da tempo ce ne siamo resi conto) da autentici utopisti. E di questo, giusto per rimestare il coltello nella piaga, quasi giornalmente ci giungono nuove conferme.
Per esempio - sulla scia dei successi che si stavano ottenendo nella nascente missilistica, e che sarebbero culminati con la messa in orbita del primo satellite artificiale, lo Sputnik, nel 1957 - ci immaginavamo uno sgargiante Duemila con astronavi che solcavano le rotte del Sistema solare, con basi sulla Luna e su Marte, stazioni spaziali orbitanti, astronauti a passeggio nello spazio, e così via.
Ce lo immaginavamo anche con una soluzione al problema energetico che oggi fa sorridere: motori "atomici". Motori atomici in astronavi, sommergibili, perfino in automobili, in centrali di energia per le città, e così via. Ma a quell'epoca ancora non si erano compresi i reali rischi da radiazioni; e Chernobyl era molto di là da venire.
Ce lo immaginavamo anche con una sorta di mitico Governo Mondiale (o qualcosa di simile), che avrebbe dovuto accomunare le genti (ovviamente sotto l'egida del Più Civile Occidente), garantire prosperità per tutti, scongiurare i conflitti armati, ed evitare l'incubo nero di quegli anni, ovvero la Guerra Atomica.
Ce lo immaginavamo inoltre con un'Urss un po' diversa, più ammorbidita (in fondo distruggere l'avversario con armi come la Bomba sarebbe stato comunque un suicidio), e con due Blocchi contrapposti in una sorta di coesistenza pacifica, finalizzata al comune raggiungimento di un maggiore benessere. Una versione planetaria di Don Camillo e l'onorevole Peppone, insomma.
Ce lo immaginavamo... Ma mi fermo qua.
Di tutti questi sogni, un punto fermo, irrinunciabile per noi fanta-utopisti, era comunque la cosiddetta "conquista dello spazio". D'altronde la fortuna di Urania in Italia, e della sf nel mondo, in quegli anni era fondata non solo sullo scoppio delle prime atomiche ("ma allora quei pazzi della sf avevano ragione?") quanto sui successi in campo missilistico. La rivista Oltre il Cielo ci informava puntualmente su quanto accadeva nel settore, e le sue tirature giovavano alla fantascienza che ospitava, quasi tutta di autori italiani, che lì sopra cominciavano a "farsi le ossa". Lo spazio sembrava a portata di mano. E altro grandissimo, clamoroso successo "della sf", alcuni anni dopo, fu lo sbarco umano sulla Luna.
Insomma, voglio dire che sia pure per motivazioni di supremazia politica, la "gara spaziale" aveva portato enormi risultati, il fall out tecnologico di quelle imprese (specie nel campo dell'elettronica e della miniaturizzazione) è stato immenso, e certo oggi non avremmo i computer che abbiamo se non ci fosse stata la corsa allo spazio di quegli anni; inoltre circolava una sorta di (ingenuo) ottimismo, di idealismo, a volte di retorica se vogliamo (quella retorica che era - anche - una delle molle che hanno fatto diffondere, apprezzare, progredire la fantascienza): l'uomo avrebbe superato ogni ostacolo che lo teneva legato alla Terra, la specie umana si sarebbe espansa. Era di moda la celebre frase di Konstantin Tsiolkowski: "La Terra è la culla dell'umanità, ma non si può vivere nella culla per sempre". Ricordo che Clarke aveva addirittura scritto un breve racconto basato proprio su questa frase: Fuori dalla culla, su un'orbita infinita (in Italia apparve su un Urania dedicato ad A.C. Clarke, n. 1039, nel 1987).
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