Come hai preso questo ritorno di Robot?
Quando Franco Forte mi chiamò per comunicarmi il progetto e domandarmi se volevo far parte del team, ho provato quasi la stessa, elettrizzante emozione della prima volta, nel '76, ricevendo la lettera con la quale Curtoni mi chiedeva di collaborare. In seguito, ogni tanto mi è capitato di pensare all'eventualità che Robot seguitasse nelle pubblicazioni, e a quante altre illustrazioni sarei riuscito a produrre nel corso degli anni. Ma è andata com'è andata. Ora sono felice di quest'opportunità, anche se non basta a cancellare il rammarico per tutte le cose che non ho potuto fare.
Le tue illustrazioni secondo me (e secondo molti altri) hanno rappresentato moltissimo per Robot. Ma cosa ha rappresentato Robot per te, nella tua carriera di illustratore?
Con Robot ho avuto la possibilità di lavorare nel campo fantascientifico, che mi aveva conquistato fino dall'adolescenza, e ottenere l'ammirazione di molti appassionati. Sarò sempre grato a Vittorio di avermene offerto la possibilità, senza mai scordare che prima di lui vi fu solo un altro che credette nelle mie capacità: Angelo De Ceglie. Insomma, come per tutte le cose a cui ci si appassiona, Robot ha rappresentato per me gioie e dolori. Vedremo cosa capiterà in questa sua seconda vita.
Come ti trovavi a lavorare con il direttore della rivista, Vittorio Curtoni?
Vittorio e io siamo andati immediatamente d'accordo. Non abbiamo mai polemizzato (davvero, mai!), anche se i nostri gusti in fatto di autori di sf non sempre coincidevano. Ha sempre apprezzato il mio lavoro, persino quando fui costretto a illustrare i primi racconti fidandomi dei suoi riassunti verbali. Se ne avessi la possibilità, ora potrei dimostrare che si poteva fare assai meglio, leggendoli!
Leggevi sempre i racconti per i quali disegnavi l'illustrazione, o ti limitavi a dare una scorsa?
Infatti, in seguito lessi sempre tutto quello che dovevo illustrare per gli interni. Avrei potuto evitarlo, e risparmiare tempo (e sa il cielo quanto me ne occorreva!). Ma, in quanto appassionato, avrei perduto il piacere di gustarmi i racconti stessi. Sarebbe stato stupido leggerli in seguito, finendo col disapprovare quello che avevo disegnato io stesso. E non sto a elencare i lavori che avrei voluto rifare per conto mio, impedito dai termini di consegna!
C'è qualche disegno e racconto abbinato che ricordi in modo particolare?
Tantissimi, nel bene e nel male. Racconti bellissimi (almeno per me) che mi diedero un mucchio di problemi (come Canzone per Lya, di George R. R. Martin, incentrato sul rapporto amoroso tra due telepatici; o L'ippogrifo e il cavalletto di Theodore Sturgeon, a cui dedicai due disegni; o Visita al padre di Lino Aldani, che inizialmente mi suggeriva solo banalità, ma che risolsi all'ultimo con una trovata d'ingegno grafica), e altri che, nonostante mi piacessero meno, mi permisero di realizzare buone immagini. Ma la soddisfazione maggiore, a parte gli apprezzamenti della redazione al completo, fu di vedere che, proprio grazie ai disegni, molte storie vennero lette anche da mia moglie, notoriamente allergica a questo genere di narrativa.
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